giovedì 31 ottobre 2024

Gioie

 

Sulla strada un odore di vernice fresca. 
Operai in tuta arancione si contendono l'asfalto con le automobili sfreccianti del mattino. 
Cammino silenziosa a ridosso degli alberi del viale osservando come il marrone rossastro delle foglie sappia dipingere i rami e i mattoncini chiari sotto i miei piedi. 
E' una giornata particolarmente mite, primaverile. Eppure la notte è stata fredda e ieri sera la nebbia ricopriva il mondo intero come una coltre.
Osservo le mie unghie color ciliegia risplendere al sole e sorrido per questo vezzo tutto femminile che non fa male a nessuno e rende felice me, la mia bambina interiore, quel gioiellino grezzo che mi vive dentro. 

Incontro persone che conosco ma stavolta non ci fermiamo a parlare. Simone è in terrazzo che guarda la sua spiaggia, parla con un uomo che mi volge le spalle. Ci salutiamo da lontano mentre atterro sulla sabbia con entrambi i piedi, felice di scappare dal mondo, dalla civiltà. Felice di essere con questo mare calmo e vuoto, con le navi all'orizzonte, con i piccioni che si contendono lo spazio coi gabbiani.
Non c'è nessuno che cammina sul bagnasciuga oltre me. Un uomo e una donna siedono in balcone. Il palazzo è di quelli brutti, rovinati, mangiati vivi dalla salsedine.
Poco più in là alberi di fiori bianchi costeggiano la villa color pervinca che mi piace sempre guardare, la circondano tutta come un muro di cinta.
E' così bella che non riesco a staccare gli occhi. Non so se ci viva qualcuno, chi la custodisca durante l'anno. Solo una volta in molti mesi ho visto una donna prendere il sole su un lettino e mi sono immaginata lì anche io, in quello stesso spazio. Mi sono immaginata svegliarmi sorridente, fare colazione lì in riva al mare senza neanche preoccuparmi di vestirmi.
Mi sembra che quella casa sia la mia casa anche se non c'ho vissuto mai.

martedì 29 ottobre 2024

Mostri

 

C'è un problema evidente nella comunicazione tra esseri umani.
Ciò che viene scritto o detto non viene quasi mai compreso per ciò che realmente si voleva intendere.
Anche un messaggio che a noi sembra banale o scontato viene recepito in dieci modi diversi e il più delle volte non ce n'è uno che si avvicini alla realtà delle cose.
Questo un po' mi scoraggia.
Io sono un tipo che già parla così poco, mi passa la voglia di farlo completamente.
A cosa serve? 
Che utilità può avere parlare o scrivere di qualcosa che poi non viene compreso?
Se il sentire altrui influenza in modo tanto profondo le mie parole, che vengono poi contaminate da esperienze che non mi appartengono, ha davvero senso che io provi a farmi capire?

Comunque stamattina leggevo, di sfuggita perché ero di gran corsa, la notizia dell'ennesimo assassinio ai danni di una donna. Peraltro giovanissima, stavolta. Parliamo di una bambina di tredici anni.
E l'assassino un ragazzetto di quindici.
Sono sempre più spaventata e schifata da questo mondo che genera mostri.
E stavolta la parola che voglio usare è proprio quella: mostro.
Non è gente che non capisce, che sta male, che ha problemi. E' gente marcia, che fa schifo, che nasce già putrida. E per me non esiste possibilità di redenzione, di recupero, figuriamoci di perdono. 

venerdì 25 ottobre 2024

Im-Perfect

 

Ieri mentre uscivo in veranda a pulire i tavoli un cliente guardandomi ha detto al suo amico, lì vicino, "guarda che fisico. E' perfetta." Ho ascoltato ma non ho detto niente.

Rientrando mi sono soffermata davanti ad un frigo colmo di bevande. Lo sportello mi rimandava la solita immagine che conosco bene ma che non comprendo, che da anni non so recepire.
E' un tassello mancante, il solito pezzo di puzzle che non si trova da nessuna parte, per quanto lo si possa cercare.

Sono davvero perfetta? per chi, per cosa?
Con questo involucro ci litigo da anni e mi vien da dire da sempre.
E da quando quasi cinque anni fa mi sono ammalata per la seconda volta nella mia vita di anoressia nervosa, pur essendone guarita, mi sono rimasti strascichi che non ne vogliono proprio sapere di andarsene.
Uno di questi è il non saper più stare ferma. Non riesco a concepire il riposo, l'ozio, il mio corpo fermo da qualche parte. Non riesco a pensare di meritarlo e se non mi muovo sto male.
L'altro è la dis-percezione corporea. 

Ho passato anni ad osservare il corpo delle altre donne come uno specchio, solo per capire di quale forma fossi fatta io. Ho passato anni a fotografarmi per riuscire a vedermi. Ho interi album di foto che mi ritraggono, foto che a una persona superficiale e disattenta potrebbero sembrare solo vezzi, fanatismi. E invece sono miti e spesso vani tentativi di capire che forma abbia questo involucro che mi contiene perché la verità, autentica e sincera, è che l'unica parte di me che conosco davvero è il viso. 
Il resto del mio corpo è immerso in una nebbia e nel 90% del tempo io non ho idea di come sia fatto.
E non è qualcosa che stia raccontando con tristezza o per una ricerca di comprensione che non arriverà sicuramente. Lo racconto come racconto del mare, del cielo, della terra, dei miei fiori sul terrazzo. 
Come un dato di fatto. Nudo, crudo, imperfetto.

giovedì 24 ottobre 2024

D'Autunno



L'autunno ulula fuori da questa finestra.
Ma più che un ululato è un gemito, una richiesta d'affetto, un gesto di tenerezza, un abbraccio.
Piove incessantemente da due giorni ma lo fa senza drammi, con una cadenza ritmica e regolare, quasi dolce. 

Ho passato la vita a odiare questa stagione, a farmi male nell'attesa, a provare dolore per la sua cupezza.
E ora invece me ne innamoro a poco a poco, come si sa fare solo da adulti, in contemplazione.
Merito di queste giornate dal clima ancora mite, a volte fin troppo caldo, ma tuttavia piacevolissime. E di questi colori caldi che si insinuano giorno dopo giorno, lentamente, senza eccessi. Per poi esplodere più in là, forse tra un mese, come una bomba.

C'è una poesia di Hikmet che mi torna in mente all'improvviso, mentre scrivo. 
Fotografavo foglie accanto ai miei piedi, appena ieri. Le fotografavo sulle vie, persino in mezzo alle automobili in febbrile corsa. E vi trovavo una bellezza autentica, non effimera, non falsa. 
Vorrei starmene un giorno intero in mezzo ai boschi a studiare il foliage come fanno gli astronomi con le stelle in cielo. 

Veder cadere le foglie mi lacera dentro
soprattutto le foglie dei viali
soprattutto se sono ippocastani
soprattutto se passano dei bimbi
soprattutto se il cielo è sereno
soprattutto se ho avuto, quel giorno, una buona notizia
soprattutto se il cuore, quel giorno, non mi fa male
soprattutto se credo, quel giorno, che quella che amo mi ami
soprattutto se quel giorno mi sento d'accordo con gli uomini e con me stesso
veder cadere le foglie mi lacera dentro
soprattutto le foglie dei viali dei viali d'ippocastani.
(NAZIM HIKMET)

lunedì 21 ottobre 2024

Strappare il Foglio

 

C'è un sole caldo che sembra primavera inoltrata e invece non manca poi molto a novembre.
Mentre ero fuori mi è tornato in mente un ricordo giovane, di appena due mesi fa, anche se mi sembrano passati un anno o due.

Il mio compagno ed io eravamo a cena con mio fratello e mia nipote, che in realtà è cresciuta insieme a noi come una sorella.
Avevamo a disposizione un tavolo da quattro in un agriturismo mai visitato prima.
Abbiamo mangiato fuori, accanto alle vigne colme di uva. 
Il sole era tramontato poco prima, in un accenno rossastro al di là dei filari. 
Sopra le nostre teste fili di luci bianche a penzoloni tra gli alberi.
Era un'atmosfera intima, familiare, non così dissimile da quella che avremmo potuto organizzare nel giardino su cui siamo cresciuti. Ma è così bello ogni tanto allontanarsi un po', mangiare una pizza preparata da altri, spensierati.

Quella sera in cui mancavano solo le lucciole ha nominato spesso il suo ex. Lo nomina sempre, a dire il vero.
Anche se quando si sono lasciati una buona parte d'amore era finita altrove, le è rimasto dentro quel senso d'appartenenza dovuto ai tanti ricordi di sette anni vissuti insieme.
Noi fingiamo di non farci caso, rispondiamo ai suoi ricordi come se li avessimo vissuti appena il giorno prima. Però suona tutto un po' strano, forzato, antico.

E' difficile il distacco. Se non dalla persona che si era scelta, quantomeno dalla vita che si era sognata insieme. Dai viaggi, dalle emozioni, dai sentimenti messi in gioco, dai progetti. 
E' difficile strappare il foglio e ricominciare, riprendere il via, sognare cose nuove, immaginare altra vita. 
Ho desiderato per lei un amore nuovo, meno egoista, più concreto e maturo. E chissà che il prossimo non sia l'anno buono, quello in cui potrò vederla rifiorire dopo anni di stasi che l'hanno tenuta in panchina. Proprio in questi giorni sta iniziando un percorso nuovo per volersi un po' di bene in più e forse per questa ragione mi sento il suo pensiero addosso come se fosse qui.

giovedì 17 ottobre 2024

Solo Un Bambino



E' un mondo difficile, dicevamo.
Un mondo in cui un ragazzino compie otto anni, si fa fare la torta di Spiderman, invita tutti i compagni di scuola e quelli del catechismo al luna park.
Ma poi si presentano solo in tre, lasciandolo da solo in compagnia di una torta di cui non sente neanche il sapore, a fare giochi che non lo divertono.

Lui che quel compleanno lo sognava già dall'estate.
Ma quando arriva il 17 ottobre?
E il 17 ottobre arriva davvero. Esce di scuola correndo, entra in casa felice come una pasqua, si prepara, vanno a ritirare la famosa torta. 
E poi...poi niente. Non viene nessuno.
Lo lasciano lì, inerme. Ad accorgersi a soli otto anni di quanto possa bruciare l'esclusione.
Di come il pregiudizio verso una famiglia complicata, diversa, possa essere radicato e profondo.

Quando la madre me lo racconta mi dice che è per colpa di quel suo piccolo ritardo che lo allontano.
Ma non è vero, non si nota neppure.
Lo allontanano perché sono tanti, troppi. E fanno cose strane.
Non sono la classica famiglia inamidata, perfettina, da televendita.
Sono chiassosi, sono brutti, sembrano una carovana di zingari.
Ma sono brave persone con una vita un po' disordinata, disallineata. 
E al giorno d'oggi se non sei figo, se non ti comporti come gli altri, se non aderisci agli schemi... il rischio è proprio quello di essere emarginati mentre gruppetti di gente tutta uguale si va a formare un poco più in là.

Non posso fare a meno di pensare a lui, a come questo compleanno lo segnerà a vita.
Alle cose che gli sta insegnando.
A non fidarsi, a non festeggiare, ad isolarsi per non essere isolato.
E tutto mi pare così ingiusto da provare una morsa al petto che mi toglie il respiro.

martedì 15 ottobre 2024

In Guerra



Ascolto le notizie provenire dalle zone di guerra con un misto di incredulità e di dolore. In certi momenti vorrei poterle cancellare, strappare, gettare sulla cima di un vulcano. Vorrei che non esistessero, che facessero parte di un film di fantasia o di un libro truculento. 
Ma è tutto dannatamente vero: esseri umani stanno commettendo azioni ignobili. Persone che uccidono deliberatamente altra gente come loro. Due braccia, due mani, due gambe. Però li ammazzano, non ci pensano due volte. L'orrore sta prendendo forme sempre più consistenti e non c'è nessuno che li fermi. Nessuno che metta fine a questa devastazione senza scusanti.

Forse ciascuno di noi vorrebbe poter pensare alla morte, alla violenza e alla crudeltà come qualcosa di lontano, di irraggiungibile.
Eppure ben due volte in pochi giorni ho assistito a scene in cui perfetti sconosciuti hanno visto montar dentro un'ostilità reciproca sfociata da una parte in una rissa, dall'altra in una discussione in toni accesi. In quei momenti ho compreso quanta frustrazione sotterranea contengano i corpi delle persone. Quanta rabbia, quanta amarezza, quanta voglia di avventarsi su di un nemico qualunque. Vittime del sistema, di un mondo del lavoro costituito su regole oscene, di una vita di orari, di scadenze, di sveglie, di spese, di regole, di tristezze che non si raccontano. 
E allora basta anche solo una minuscola scintilla a far scoppiare la bomba.
Persone che sembravano tranquille diventano improvvisamente violente, crudeli, irascibili, rabbiose.

Davvero ci stupiamo che ci siano guerre in cui gli esseri umani sembrano perdere la loro identità?
Eppure è così facile odiarsi, anche in piccolo. Così facile prendersela l'un con l'altro per sfogare rabbie eternamente represse. Basta guardarsi intorno. Affacciarsi dal balcone o percorrere una strada a piedi o entrare nel posto di lavoro. Nulla di questo è abbastanza lontano.

lunedì 14 ottobre 2024

A Fior di Pelle



Alcuni momenti sono particolarmente difficili ma aiutano a prendere consapevolezza di quanto certi rapporti ai quali sai di aver dato tutto, un tempo, siano destinati a chiudersi o a evolvere in qualche modo.
Così mutati nella forma da non poterli più ricollocare dentro le scatole originarie.  
Non pensavi che potesse esser così dura. Che la strada sulla quale ti eri sistemata a gambe incrociate, in fondo felice, si riempisse improvvisamente di rovi.
Solo che non c'è niente di improvviso, in realtà. Anche i rovi hanno un tempo di crescita e tu eri lì a guardarli avanzare, forse pensando che avrebbero arrestato da sé la propria corsa verso il tuo corpo inerme. E invece no, eccoli qui a circondarti, a strozzarti la gola, a graffiarti braccia e gambe.
E adesso ti ritrovi piena di graffi sanguinolenti, martoriata ovunque. La tua pelle fragile arrossata, vinta, dolente. Il cuore un ammasso di cellule scomposte. Il cervello un fascio di nervi estirpati. 

Ma non sei sola in questa battaglia e sai che dall'altra parte qualcun altro sta vivendo o vivrà le medesime sensazioni. Il contorcersi delle viscere. Il bisogno impellente di vomitare. L'oblio.

mercoledì 9 ottobre 2024

Altrove



Sorseggio il mio caffè in piedi, in terrazzo, camminando lentamente lungo tutto il suo perimetro.
Osservo la vita nelle case, gli uccelli che si librano in volo, la quantità di verde presente in questa piccola via sempre piuttosto silenziosa, se non fosse per l'abbondanza di cani e il pianto ricorrente dei bambini. 
E' amaro questo caffè. Lo è sempre. Non ho mai assaggiato un caffè contenente zucchero o dolcificante.
Mi piace questo suo fondo intenso, che mi lascia dimenticare per qualche istante qualunque cosa mi voglia attraversare la mente.

Ho poca voglia di parlare, di interagire con le persone.
Ma tra poco sarò a lavoro, indosserò il mio miglior sorriso e dedicherò un po' di tempo a chiunque mi sarà di fronte, con la stessa voglia di sempre, anche se al momento sembra non esserci.
Credo che professionalità voglia dire anche questo: saper fare quello che si è chiamati a fare anche quando si vorrebbe essere da un'altra parte.
E dove vorrei essere, io?
Dove?
Forse semplicemente altrove.
Concedermi una giornata lontana, irreperibile, senza dover rendere conto dell'orario, del luogo, di quando e se tornerò. Poter passeggiare in montagna o stare ai piedi di un ruscello o comprare cose stupide o sedermi in una caffetteria con un libro in mano o mangiare un dolce in una via affollata o andare a nascondermi in una zona priva di umanità.
Semplicemente essere via.
E poi tornare dopo la decompressione senza doverlo obbligatoriamente raccontare a qualcuno. 

lunedì 7 ottobre 2024

Ottobre



Ho fatto e visto cose bellissime ieri ma non le so raccontare, le parole mi si impallinano dentro come se m'avessero sparato. 
Allora sorseggio la mia tisana calda, osservo le dita trotterellare sui tasti sperando che generino vita da sé, senza il mio contributo mentale. Non lo fanno, ovviamente, l'attesa è vana ed il mio pensare altrettanto inconcludente.

La gola è arrossata. Di nuovo.
Dalla metà di agosto non ho trascorso un'intera settimana senza che mi facesse male almeno un giorno.
Ero una leonessa che non s'ammalava mai, da adolescente.
Ora sono una donna delicata, che deve stare attenta anche agli aliti di vento.
Io che ho il cuore indomito di chi si trascina nella tempesta per osservare il mare urlare e il cielo diventare nero pece. E allora il calore di quest'acqua che bevo lo sento bruciare l'ugola come se me la volesse estirpare.

Speravo di poter raccogliere almeno un melograno maturo, ieri.
Sporcarmi le dita con i suoi chicchi vermigli, col suo succo di rubino.
Ma c'è da aspettare, ancora. E aspetterò.
Ottobre è ancora in boccio, così bello che vorrei trattenere in mano i suoi colori per non farli sbiadire mai, per non farli ingrigire diventando, un giorno, inverno.