Erano anni che volevo entrare in quella grande casa.
Mi attirava a sé con un'inspiegabile forza. Una curiosità scaturita dalla fascinazione di elementi che, messi insieme, stimolavano la mia fantasia.
Le persiane rosse un po' scrostate. L'ingresso ombroso. Il porticato con la bouganvillea. L'ampio giardino pieno di piante. Le sedie in ferro battuto. Quelle finestre sempre spalancate sulle quali talvolta si addormentava un gatto bianco e nero. Il sole e l'ombra sapientemente dosati. Un cancello in legno che doveva aver visto giorni migliori.
Sono entrata da lì ieri, poco dopo il mezzogiorno. E finalmente quel luogo incantato si è aperto a me come in una fiaba. I cani son venuti ad annusarmi e devo essergli piaciuta perché poi mi son rimasti accanto a lungo. Di loro conserverò qualche foto e ricordi meravigliosi. Gli occhi color miele di Indie. Lo sguardo da pesce di Isotta. La pancia rosata di Thea. Ma soprattutto la dolcezza dello sguardo di Caio. Immenso, più pesante di me. E così dolce da suscitare una tenerezza infinita, la voglia di stringergli il grosso collo e lasciarsi consolare per tutte le brutture del mondo.
Quando stamattina mi sono svegliata sola nel mio letto ho pensato a lui. Ho provato nostalgia.
Io che ho sempre amato solo gatti, ho desiderato avere accanto a me il cane più grosso che abbia mai visto. E semplicemente lasciarmi proteggere.
E' stato un pranzo allegro, colorito, informale.
Un sole cocente ci ha arrossato la faccia mentre sostavamo accanto al grosso tavolo. I cani scorazzavano intorno a noi tenendoci una paciosa compagnia ed io avrei potuto guardarli per ore senza stancarmi mai. Soprattutto mi è piaciuto stare con questi ragazzi che ci hanno invitato. Si sono preoccupati per me, per invogliarmi a mangiare hanno adattato il menu degli altri alle mie esigenze e per tutto il tempo il clima è stato festoso e familiare.
Forse, dopotutto, in questa splendida dimora entrerò ancora. Ma al momento son felice di aver realizzato questo piccolo grande sogno che mi portavo dietro da anni.