Mia madre è stata vittima di un tentativo di truffa telefonica, ieri, a cui peraltro stava per abboccare in pieno. Non so come sia riuscita ad uscirne, ad un certo punto.
E papà dietro a lei, altrettanto manipolabile.
Quando stamattina me lo ha raccontato, mi si sono attorcigliate le viscere.
Che erano già piuttosto sensibili, a causa di un pessimo caffè bevuto su una spiaggia vuota, forse nell'unico chiosco stagionale ancora miracolosamente aperto.
Tirava un vento aguzzo ma caldo, il mare era di un bel verde azzurro che si stagliava contro un cielo di nuvole in chiaroscuro.
Ho bevuto, capito che mi avrebbe fatto male. L'ho finito solo per educazione verso la signora che me l'aveva preparato e che conosco da anni. Solo dopo ho pensato che avrei dovuto farglielo notare, del resto lei la cortesia di non servirmi un pessimo prodotto non l'aveva avuta.
Sono corsa in bagno.
Passate alcune ore, mi sento ancora tremendamente turbata.
Dal dolore alla pancia.
Dalla preoccupazione per i miei genitori anziani, facilmente esposti alle intemperie di questo mondo truce.
Della mia veloce passeggiata sulla spiaggia solitaria non ricordo quasi nulla.
So di aver deviato, ad un certo punto, di aver ripreso il cammino sull'asfalto.
Ho incontrato persone, ascoltato i clacson suonare, la musica alle orecchie che non è cessata mai.
Ma non ricordo alcunché. Come in trance. Come una presenza-assenza.
Ed ora son qui che aspetto di iniziare il turno fino a questa sera.
Scombussolata come uno straccio appena strizzato.
Settembre sta per chiudere i battenti e non c'ho capito niente. Volato via come un foglio di giornale in mezzo al vento. Tra le crisi allergiche, i pensieri, le preoccupazioni lavorative e ora quelle per i miei genitori. Una continua altalena con la testa in aria.