La natura si stagliava silenziosa davanti ai miei occhi ed io ero lì, sola ma in compagnia di pensieri rumorosissimi, a gustarne la bellezza con gli occhi, il respiro, la pelle.
Avevo freddo ma anziché procedere con la mia solita andatura veloce, avanzavo lenta.
Non era una gara, un gioco, una voglia di sudore sulla schiena.
Era pace, meditazione, raccoglimento.
Era soprattutto solitudine.
E sebbene l'avessi cercata io stessa, in quel momento me la sentivo pesare addosso come se sulla schiena tenessi uno zaino pieno zeppo di pietre.
E allora arrancavo, anche se da fuori sembravo la solita me di sempre.
Eretta con la schiena, graziosa, una persona tranquilla.
Ma la tranquillità sembra avermi lasciato da un pezzo, forse non ero la compagnia che s'aspettava, forse non avevo abbastanza charme per tenerla con me.
Però c'erano nuvole splendide che disegnavano il cielo con cura, come farebbe un pittore quotato.
E poi c'erano i fiori. Il profumo dei boccioli. L'ombra delle folte piante. La strada stretta e semideserta.
Ogni tanto mi accostavo ai lembi per far passare rare automobili che sembravano quasi essersi perse.
Che io mi sia persa, invece, è cosa certa.
Non c'è un quasi da mettermi accanto.
Temo che sia irrimediabilmente assodato.