mercoledì 12 febbraio 2025

Ponti

 

Percepisco febbraio, nella sua brevità, come un mese di transizione.
Un ponte verso marzo. 
E dunque la primavera, i primi germogli fioriti, le nebbie del mattino, i giorni che si allungano, che si fanno meno cupi e depressi. 
E anche se sono un animale di quelli che vivono il momento presente, non posso lasciarmi sfuggire la sensazione di una luce che s'affaccia in fondo all'inverno. 
E allora un po' me li godo, questi giorni, mi ci arrotolo dentro come se fossero fatti di coperta.
Mi riesce persino difficile pensare che il 2025 abbia già collezionato un mese e mezzo. Come se un po' avessi sonnecchiato o fossi presa da chissà cosa.
C'è sempre un mormorio dentro questa testolina, sempre un gironzolare di pensieri che vagano in lungo e in largo e a volte mi rendono distratta dal mondo stesso. 
Un'ecosistema interiore che vive da sé, che si alimenta in modo autonomo. 

Ho guardato il Festival ieri sera.
E oggi il primo che mi dirà che loro no, non lo guardano, risponderò chissene frega.
Voglio dire, ce ne possiamo fare una ragione.
C'è questa abitudine tutta italiana di far sapere che per carità, il Festival mai. Inorriditi, persino. Ci tengono proprio, va detto. A me inorridisce chi si sente superiore, che poi sono i primi a sparlarne.

A me ha fatto compagnia.
Gerry semplice e genuino come sempre. Carlo un velocista che finalmente non si dilunga in stronzatine inutili che mi risultano sempre indigeste. La Clerici bella e sensuale nel suo primo abito da sirena. 
Quindi se mi chiedessero cosa mi piace di febbraio elencherei anche questo. 
Mi piace la gente del segno dell'Acquario e mi piace il Festival di Sanremo.
Detesto i saccenti ma quello vale anche per gli altri mesi dell'anno.

giovedì 6 febbraio 2025

Distese

 

Il vecchio pescatore era lungo la riva con la sua canna, come sempre.
Ci siamo salutati. Gli ho chiesto se avesse già preso qualcosa.
"Ma no. Io non ho mai preso niente".
"Niente?"
"Niente. Mai. Magari gli altri qualche pescetto lo prendono ma io proprio no."
Sorrideva, sembrava sereno.
"E allora perché vieni qui ogni giorno, porti tutta l'attrezzatura, ti fermi per ore..."
"Perché il mare mi chiama. E io, semplicemente, arrivo."

Quella frase, in fondo, avrei potuto pronunciarla io.
Il mare mi chiama ed io, semplicemente, arrivo. 
Una connessione silenziosa, che nessun altro sente se non noi povere anime che dal mare siamo attratti, inesorabilmente, giorno dopo giorno. E che di questa distesa azzurra, oggi piatta come in piena estate, a volte burrascosa come ogni notte di marzo, non possiamo fare a meno.

Siamo fatti di mare persino dentro, tra le costole, in fondo al sangue, giù per i polmoni. 
Brandelli di sale e di sabbia.
Ed io che son nata in collina, lontanissima dal mare, dovevo venir qui a sentirmi finalmente me stessa. 
Ci si ricongiunge sempre a ciò che ci appartiene. 

giovedì 30 gennaio 2025

Il Sereno




Giornata storta, di quelle in cui non basta il sole a farmi sentire bene.
Eppure c'era il mare, c'era il silenzio, c'erano i gabbiani che volavano bassi.
Ci son state le chiacchiere al bar, un buon caffè, qualche sorriso amichevole.
Ma ora inizio il turno schiacciata da un'oppressione che mi porta a terra, feroce e inferocita, di quelle con la bile in bocca.
Da un paio d'anni a questa parte risento molto degli sbalzi ormonali, li subisco come quando si sale su una giostra altissima che poi, improvvisamente, cade giù in picchiata a tutta velocità.
Sai che la giostra risalirà ma intanto devi stare in quel limbo di terrore e spavento che ti porta rovinosamente a terra. 
Non è ansia, non è uno stato mentale confuso.
E' umore nero, schiacciato al suolo insieme ai livelli di estrogeno. 

Mentre scrivo se ne va anche il sole, mi lascia nel grigio di sensazioni che detesto.
Comunque io ci provo ad andar contro alla natura.
Non mi piace starmene al buio e persino chiudere gli occhi.
Voglio la luce, il cuore contento, il vento tra i capelli, la libertà che mi accarezza il viso.
E allora respiro, chiudo gli occhi, penso che queste fluttuazioni sono del tutto normali e che tornerà il sereno, fuori e dentro di me.

giovedì 23 gennaio 2025

Indistruttibili

 

Un anno fa moriva mio zio.
L'ultimo ancora in vita tra i quattro con i quali sono cresciuta.
Uno ad uno son caduti tutti i pilastri e al di là di essi appariva il vuoto di un dirupo devastante. 
Furono giorni complicati, dolorosi. A cacciar lacrime dal fondo, farle rinvenire, osservarle cadere e raffreddarsi al gelo di gennaio. Congelare sugli occhi, sul volto, diventare stalattiti di ghiaccio sulla faccia. Scappai da qui, rividi casa sua, gli oggetti di mia zia, le collane che correvo ad indossare da piccola appoggiate su quel comò di marmo bianco come non ce ne sono più al giorno d'oggi.
Ora quella casa appartiene a qualcun altro, quei corridoi infiniti, quegli ampi balconi, il sole che sbatteva sulle orchidee, i tendaggi ampi, i bagnetti in fila. 
Ci sono luoghi che non esistono più se non nella nostra mente.
Luoghi che ricorderemo in eterno ma nei quali non possiamo più entrare.
E' incredibile come in un anno tutto cambi. 
Come bastino pochi giorni, in realtà.
Incredibile come quella pianta di mandarini che ne aveva sempre prodotti delle cassette intere, dopo la morte dello zio abbia smesso completamente. 
Forse in quel paese non tornerò più. Che dovrei andare a fare, del resto?
Chi devo vedere, a che serve, perché mai?
Ci sono pozzi dispersi in fondo al nostro cuore. Pozzi bui, profondissimi, dentro i quali riecheggiano voci che speriamo di non scordare mai. E facce che abbiamo fotografato troppo poco ma che ci restano stampate al di là delle retine come francobolli ben incollati. 
Crollano case che sembravano indistruttibili. Ma niente è indistruttibile in questo mondo.

domenica 19 gennaio 2025

Il Giorno e la Notte




Del tutto improvvisamente, la voglia di scrivere è tornata a trovarmi.
Capita di notte, quando non riesco a dormire, di comporre pagine di scritti fin troppo veri e profondi che poi al mattino, quando sono cosciente, si perdono nell'aria come se non fossero mai esistiti.
E se fossi il tipo di persona che di notte si alza e vive un po', mi metterei sul divano con un quadernaccio sulle cosce nude a metter nero su bianco quei pensieri precisissimi che di giorno perdono forma fino a dileguarsi completamente.
Però quel tipo di persona non lo sono. 
Di giorno ipercinetica, come mi ha definito mio cognato solo poche ore fa, di notte statutaria come un blocco di marmo. 
Ma questi scritti mai venuti alla luce hanno un comun denominatore che poco mi appartiene e che mi angoscia nel profondo. Sono così tristi, violenti o addolorati, che a definirli neri peccherei per difetto.
Proprio miei quei pensieri che di solito sono un allegro folletto nella vita di tante persone. Proprio miei che cerco di viver sorridendo come se fosse l'unico modo lecito di stare al mondo.
E allora forse, chissà, a tanta luce appartiene anche tanto buio. Inseparabili, indistinguibili, due lati completi e ugualmente importanti di una stessa medaglia. 

lunedì 13 gennaio 2025

Affreschi

 


Mi piace visitare le Chiese.
Mi piace entrarvi. Annusare l'odore acre dell'incenso. Perdermi nel silenzio. Osservare la pala d'altare, i dipinti lungo le navate, le nicchie, i candelabri dorati. Leggere preghiere, osservare gli alti soffitti finemente decorati. Immaginare come l'organo possa riempire le mura.
Mi piacciono le vetrate colorate. Le panche di legno, i marmi. 
E non c'è nulla di religioso, in me, mentre faccio questo.
Ma di spirituale si, c'è molto. Che la spiritualità non dev'essere confusa con la religione, i dogmi, le regole, i precetti.
Non frequento una messa dal funerale di mio zio.
Ma di Chiese invece ne ho visitate tante.
Senza aver programmato di farlo, eppure avendolo fatto ogni qualvolta si sia presentata l'occasione.
Entro quando non c'è nessuno. A volte mi siedo e prego.
Altre cammino silenziosa, osservo la porta chiusa che conduce alla sagrestia, ho desiderio di sedermi in un confessionale. 

Mi piacciono le Chiese più raccolte, quelle che non hanno il privilegio di chiamarsi Duomo o Cattedrale o Basilica.  
Mi piacciono le grosse porte, gli affreschi che raccontano storie silenziose ma vividissime.
Soprattutto mi piace il senso di accoglienza, di raccoglimento, di riflessione. La sensazione di poter chiudere gli occhi ed avviare un dialogo con me stessa anche di pochi secondi, ma che siano intensi quei secondi, reali, privi di maschere. Una comunicazione diretta, precisa, efficace.
Lontana dai rumori, dal caos, dalle sirene delle ambulanze, dalle luci forti, dalla musica disturbante, dagli orrori del mondo, dal caldo o dal freddo che ci sono fuori.
Ci sono state Chiese che mi hanno protetta da una pioggia torrenziale.
Ed altre in cui non v'era una sola immagine, un solo decoro, un solo quadro. Spoglie e bellissime, stanze vuote dove soggiornava solo un Cristo in croce.

venerdì 10 gennaio 2025

Daniel




E' una mattinata più cupa di quanto mi aspettassi.  
Il cielo è velato, grigiastro, il sole non riesce a far capolino se non per pochi istanti.
Però fa caldo, mi accorgo di sudare un po' sotto il vestiario. 
Cammino veloce, non mi perdo nulla di quello che mi succede intorno. Mi sento bene. Ho avuto diverse notti insonni ma questa è stata buona, ore di oblio oscuro come piacciono a me.

Poi giro l'angolo, noto un pulmino del comune che fa salire un ragazzo con deficit mentale che un tempo passava in negozio ogni pomeriggio con il padre.
Lo vedo salire insieme agli altri, una donna in uniforme lo aiuta a prendere posto.
Poi si gira, mi vede.
I suoi occhi cambiano espressione, s'ingrandiscono. Mi riconosce istantaneamente.
E inizia a mandarmi un sacco di baci, felice, contentissimo.
Io glieli rimando, ho un sorriso enorme che è come un prato fiorito.
Il pulmino riparte.
E dentro mi resta la gioia di quegli occhi.
Se ognuno di noi sapesse manifestare le proprie emozioni e i propri sentimenti in modo tanto aperto, semplice e sincero, questo sarebbe uno dei migliori mondi possibili.