venerdì 26 luglio 2024

Il Florido Giardino



Ho perso la fluidità nello scrivere che mi ha contraddistinta da bambina fino ad un certo pezzo della mia vita.
Ed era bello averla qui con me, rassicurante. Una coperta, un rifugio, l'attimo di quiete nel quale poter rientrare quando il mondo fuori strillava troppo. 
Solo che le caratteristiche, le cosiddette qualità, non sono sempre offerte in dote dalla nascita alla fine dei nostri giorni. Le abilità vanno allenate, attraversate, ascoltate. Non accettano di venire dimenticate in un angolo come un oggetto vecchio, un maglione informe. Vogliono che le si utilizzi. Ed è così che, dopo anni a scrivere anche nei minuscoli pezzi di carta trovati in giro, l'attimo in cui ho smesso di farlo é stato fatale. L'inizio della fine, potremmo dire. Quello in cui la dote, se di talento davvero si trattava, ha preferito sgusciare fuori, indebolita e stanca, piuttosto che marcirmi dentro.

E la capisco, altroché. Chi meglio di me può farlo? Lo avrei fatto anche io, al posto suo. Perché restare dove non ci sente più amati, dove il paesaggio muta passando da un florido giardino a una desertica distesa di sabbia?
E non è che me ne sia accorta oggi. Non è che sia rientrata in casa e improvvisamente abbia trovato gli armadi vuoti e le valigie sparite. Lo so da tempo, che non c'era più. L'ho vista uscire dal portone principale, mica dalla finestra come una ladra.
L'ho vista uscire e non l'ho trattenuta, sapevo che aveva ragione, che mi ero inaridita o spenta, che tutti quei manicaretti con cui la nutrivo giornalmente erano quasi del tutto spariti.
Potrei riaverla un giorno, chissà. Mi dico che in fondo può succedere di riacquistare un'abilità dopo averla persa. 
Ma so che non è questo, per me, il momento di lottare per lei. Non è il momento di fingere una partecipazione che non sento. Voglio sentirmi libera di poter perdere, anche. Di non essere sempre sul pezzo, efficiente, dotata. La figlia brava che si impegna.

Per me va bene così. Sul serio.
Che quella fluidità, in fondo, non è che mi abbia mai fatto scalare chissà che vetta. 
Però qualche volta mi ha fatto sentire importante e le sono tuttora riconoscente.

mercoledì 24 luglio 2024

Giace




Giace abbandonato da un po' questo spazio.
Eppure io l'ho frequentato, ci sono entrata spesso, ho letto qualche vecchio pezzo, provato a scrivere qualcosa di nuovo che ogni volta ho cancellato come si fa con i fogli che non appagano: li si strappa di netto e li si butta via.
Toppo presa da tutte quelle cose della vita che mi tirano da una parte all'altra senza lasciarmi poi molte vie di respiro. E si, ammetto di essere stanca, ammetto di aver bisogno di andare in ferie, staccare la spina, chiudere fuori dalla porta le persone che vedo ogni giorno, gli oggetti che tocco di continuo, le azioni che ripeto incessantemente, i buonasera che offro al prossimo centinaia di volte al giorno.
Devo chiudere fuori tutto o chiudermi fuori io stessa, tuttavia andarmene da qualche parte e lasciare che il mondo qui proceda anche senza di me.
Ma il tempo sembra scorrere lento e questa spina sembra sempre più dura da estrarre dal muro, quasi come una spada nella roccia. E allora attendo, vivo, corro, inciampo, mi procuro le solite mille ferite che ormai fanno parte di me da quando ho memoria, parlo il meno possibile che di voglia ne ho sempre meno.
E arriverà prima o poi questo tempo più lieve, l'agognano riposo, i ritmi più lenti, le notti più lunghe.
Arriverà come arriva sempre, grazie al cielo, ma intanto è un po' dura e non mi vergogno di dire che in tanti momenti scapperei senza farmi neanche trovare più.

domenica 14 luglio 2024

Sul Dondolo



Mi manca vedere Giovanni sul dondolo assopirsi piano mentre attende che io passi lì davanti.
Mi manca vederlo scattare in piedi col sorriso sulle labbra quando lo saluto allegra. 
Cerco di convincermi del fatto che tornerà presto dall'ospedale e so che potrei percorrere una qualsiasi delle altre viuzze che conducono a casa o a lavoro, tuttavia non riesco a non passare di lì, osservare quel posto vuoto, sospirare e andare avanti. Credo sia il mio modo di salutarlo, anche se adesso non c'è.
Sono passate due settimane da quando è rinchiuso lì, forse anche qualche giorno in più. Provo una forte nostalgia che non so raccontare ad anima viva, non la so spiegare. Sento che è presente e basta, che se ne sta lì a dolermi tra le costole, che la coltivo allo stesso modo della speranza che torni presto.
Abbiamo ancora molte cose da fare insieme io e lui. Le nostre chiacchiere, i nostri sorrisi spontanei, le rose, i limoni. E le tartarughe che dobbiamo veder nascere.

Stanno costruendo un circo qui davanti.
Hanno iniziato con le travi e ora cercano di tirar su l'enorme tendone. Intravedo una ventina di uomini ma forse ce ne sono altri là dietro. É un lavoro immenso, che dura ore, e che sarà davvero finito solo il giorno del debutto, fra poco meno di una settimana.
Ricordo che da bambina l'arrivo di un circo nel mio paese era sempre una festa e che alcuni di quei figli venivano a scuola con noi, anche solo per quindici giorni. Erano tipi affascinanti, con i capelli lunghi e accenti diversi dal nostro, mi capitava di immaginare le loro vite nelle carovane o accanto a quelle bestie feroci che vedevo solo in tv o allo zoo. Ricordo di averle temute, seduta su quegli spalti duri. Ho avuto sempre la sensazione che potessero scappare e farmi del male, sensazione che non mi abbandonava veramente fin quando l'intero spettacolo non era concluso.
Certo non avevamo poi molto, noi, li in mezzo alla campagna. E allora il circo sembrava chissà cosa, la novità che non ti potevi proprio perdere, l'esibizione a cui sottoporsi necessariamente così da poterne poi parlare il giorno dopo con gli amichetti. 
Alcune di quelle persone saranno miei clienti per un po'. Magari parlerò con loro, rideremo insieme, mi farò raccontare qualche aneddoto particolare. Poi se ne andranno via, come ogni anno, e sarà come se non ci fossimo mai conosciuti.

Però quand'è che torna Giovanni?

venerdì 28 giugno 2024

Di Rosso e d'Azzurro



Avevo quasi timore di uscire stamattina.
Paventavo l'umidità opprimente, il caldo afoso, la spossatezza tipica di quando il ciclo arriva e avresti solo voglia di sdraiarti al buio con gli occhi chiusi.
E invece poco dopo le 6 mi sono alzata, ho fatto colazione, fatto entrare in casa quella prima docile brezza. E appena un'ora più tardi ero in strada con le mie scarpe da ginnastica rosse, le gambe ancora troppo bianche, la musica alle orecchie.
Sono passata a trovare Alessandra che sarà assente per due settimane. Aveva gli occhi azzurri illuminati dalla prospettiva del viaggio, della fuga, del divertimento, del riposo. Sorrideva ancor più spesso del solito e abbiamo preso in giro il biondino ricordandogli continuamente che dovrà svegliarsi lui all'alba. Ne era tutt'altro che entusiasta e allora rideva molto meno di noi.
Il caffè era buono, lei ormai conosce le mie abitudini così bene da poterlo fare ad occhi chiusi. Mi sono seduta appena un attimo, poi sono ripartita.
E non c'era quel caldo opprimente che mi aspettavo, neppure la consueta tremenda umidità dell'estate. Il mare era di un azzurro incredibilmente vivo e le spiagge andavano già riempiendosi. Un venticello fresco mi accarezzava i riccioli e le spalle nude. Ho camminato a lungo, quasi non me ne rendevo conto, le gambe procedevano da sole ed io ero solo una spettatrice presente quel tanto che basta.
Al ritorno sono passata da Mario ed il figlio, ho bevuto un secondo caffè sapendo che sarebbe stato anche l'ultimo della giornata. Allora l'ho assaporato più a fondo, osservando il mare, le assi di legno bianco e azzurro, gli ombrelloni aperti e quelli chiusi, il viavai di spiaggini a tener tutto in ordine. 
E loro due, amici nuovi che mi sembra di conoscere da una vita, a prendersi cura di me come di una cosa preziosa. Com'è che non vi ho conosciuto lo scorso anno? venivo spesso qui. Ho chiesto al padre. E lui mi ha risposto che le cose, nella vita, succedono quando devono capitare. Nel momento giusto.
Mi hanno regalato una bottiglietta d'acqua fresca per il ritorno, ancora una volta non hanno voluto che la pagassi.
Quando vieni cercaci sempre, non te ne andare mai senza passare a salutarci. Mi ha detto. E lo farò, eccome se lo farò.

venerdì 21 giugno 2024

Gocce di Sabbia

 

La sveglia presto.
Il sonno che mi si impiglia agli occhi e ai capelli mentre cerco di sfuggire alle lusinghe del letto.
Una colazione consumata in silenzio, che ormai mal sopporto persino il vociare della radio.
E poi lavarsi, vestirsi il meno possibile, asciugarsi il sudore sulla fronte ancor prima di uscire di casa.
Un cielo caliginoso e basso, grigio senza nuvole, un sole nascosto dalla coltre.
Salutare le donne che incontro lungo la strada, il tempo di un sorriso, poi semplicemente correre via, sfuggire.
E poco dopo sentire la pioggia cadermi addosso e fregarmene, continuare ad andare, attendere quasi con trepidazione la prossima goccia, pur sapendo che sarà piena di sabbia rossastra.
Ho provato piacere in quei cinque minuti sotto la pioggia. Nel vedere l'asfalto annerirsi, nel sentire l'acqua scorrermi sulle braccia nude.
Ci sono momenti in cui adoro il mio corpo come un tempio, altri in cui fatico persino a toccarmi.
Ma in questi giorni in cui la mia pelle inizia a colorirsi un po', come frutta sugli alberi, vorrei solo baciarla e dirle: ti amo, sei mia. Imperfetta e bellissima come sei.

martedì 18 giugno 2024

Giugno

 


Stendevo il bucato in terrazzo, dopo un'interna giornata di cose da fare, di passi veloci, di nuovi lividi sulle gambe e sulle braccia, di gente vista, di pensieri attraversati.
Stendevo il bucato con la sola compagnia di una musica di sottofondo e quella ancora più incantevole di un tramonto rosso delle 9 di sera.
E in quel momento, con addosso tutta la stanchezza accumulata e senza neppure esser giunta alla fine della solita interminabile lista di doveri cui ottemperare, pensavo alla bellezza di giugno.
Alle giornate fresche fino a quel momento. Alle notti con la brezza in cui mi son dovuta coprire.
Alle tante ore di luce disponibili. Alle bouganvillae fiorite nei giardini delle case.
Al cielo terso e al mare calmo e silenzioso.
E allora ho pensato che giugno sia il mese più fulgido dell'estate. Che comincia ad indispettirmi solo dopo il 21, quando il giorno dopo essere arrivato ad un picco di lunghezza, inizia ad accartocciarsi su sé stesso, col tremore tipico di chi debba retrocedere e infine rintanarsi. Come l'onda che dopo aver lavato la spiaggia se ne ritorna a ridosso delle altre onde, allontanandosi nuovamente.
 
C'era una bellezza sottile in quel cielo ancora illuminato da così tanti colori.
Lieve, delicata, affascinante. 
Ed io la guardavo senza mai smettere di fare quello che stavo facendo ma con una concentrazione tale da poter rompere un bicchiere di cristallo col pensiero qualora lo avessi guardato in quello stesso modo.

giovedì 13 giugno 2024

Fluire



Avrei tanto da scrivere ma come spesso accade, più i pensieri si addensano, meno riescono a fluire fuori. Sono incatramati lì nel cervello, al massimo vanno a trovare il cuore, e anche lì non fanno che danni. Mi sento in balìa del vento e non so più dove aggrapparmi per tenermi dritta. 
Stranamente ieri mi sono sfogata con una persona con cui discuto spesso, ma che in fin dei conti mi vuole bene e allora mi ha ascoltato. Peraltro certi problemi li conosce, qualcuno lo vive in prima persona, da altri non si lascia proprio sfiorare.
E allora mi sento un po' come il meteo di oggi. A volte piove, in altri momenti esce un tiepido sole, poi le folate spazzano via ogni cosa, ed ecco di nuovo due gocce e poi ancora un po' di sole.
Vivo nel turbamento di questi sbalzi - anche ormonali, a dirla tutta - che mi fanno arrivare a sera stordita, confusa, stanca, a volte battagliera, altre sull'orlo di un pianto che tuttavia trattengo e taccio.