lunedì 9 settembre 2024

Cambi di Scenario




Una pioggerellina leggera.
La prima dopo molti mesi.
E allora ha un gusto diverso, un odore nuovo, un sapore quasi toccante. 
La osservo scendere delicata, coprire ogni cosa, dopo una nottata violenta di temporali.
Il caldo è ancora onnipresente ma c'è un'aria diversa, di qualcosa che cambia, che muta forma.
Ogni anno mi riscopro a meravigliarmi di come il mondo possa trasformarsi da un giorno all'altro e poi invece mi accorgo che i cambiamenti erano già di fronte ai miei occhi.
Le prime foglie marroni o rossastre erano già attaccate alle piante o morte sui bordi delle strade. C'erano già, eppure diventano visibili solo quando anche gli altri agenti concorrono alla mutazione. 

Sabato sera dopo il lavoro sono stata molto male.
Una reazione allergica mi ha quasi completamente atterrato ed atterrito. 
Solo chi soffre di un'allergia alimentare sa quanto sia difficile prevedere ogni cosa. Stai attenta per anni, minuziosamente, poi basta una leggera contaminazione di altri per scatenare una risposta immunitaria rabbiosa e truculenta.
Me la sono cavata anche stavolta, dopotutto. E alla fine è tutto ciò che conta.

Venerdì mattina ho incontrato mia suocera nel bar in cui passo al mattino durante la mia seduta di corsa o camminata.
Faceva colazione lì, da sola.
Mi sono avvicinata, seduta accanto a lei, preso un caffè.
Non la vedevo da tempo, eppure viviamo a un paio di chilometri di distanza, non di più.
E' colpa mia: non so fare la figlia, non mi so lasciar avvicinare davvero. Vivo sempre con questo bisogno di libertà, di distanza. Di vicinanze leggere, che non mi facciano sentire oppressa.
In questo è stata molto brava: credo che non le piaccia, ma lo ha accettato. In questi anni non si è mai imposta. Ed è stata una colazione veloce ma piacevole.

mercoledì 4 settembre 2024

La Cura



Camminavo da più di un'ora sulla spiaggia.
Ed era una camminare difficoltoso. 
Una sabbia arida sulla quale procedevo a fatica. Il sole cocente. Un sudore copioso che sentivo colare lungo tutto il corpo.
Però ero al telefono con mia madre, le raccontavo un po' di tutto, in maniera confusionaria e libera come sempre.
E nel mentre le ho detto che la sera prima, dopo tanto pensare, avevo fatto un acquisto non esoso ma tuttavia importante per me. Che ci avevo riflettuto a lungo, che avevo vagliato, che una volta tanto avevo voluto essere organizzata e non istintiva, la solita che fa le cose di pancia e poi magari se ne pente successivamente.
E lei, che uno stipendio suo non ce l'ha mai avuto da che siamo nati mio fratello ed io, mi ha detto che quella cosa lì, alla quale già tenevo, voleva regalarmela lei.
Di accettarlo, di non impedirglielo come sempre.
"Domenica vieni qui e quei soldi te li do io. Per favore. Te lo sto dicendo adesso così non fai storie. Voglio che sia un mio regalo personale per te."
E io le storie le ho fatte, perché non volevo privarla di quel denaro.
Però poi ho accettato perché ho capito che quel prendersi cura, per lei, era di vitale importanza.
L'ho sentito nella voce, percepito nelle parole che stava scegliendo.
Una tenerezza profondissima mi è salita lungo il torace annidandosi tra i seni e quando ci siamo salutate ho pianto. 
Che tanto il viso era già pieno d'acqua e gli occhiali da sole impedivano la vista di quel che mi stava accadendo dentro agli sporadici passanti del mattino presto di settembre.
Un pianto dolce, soave. Il pianto di chi, nell'ennesima mattinata troppo umida della stagione si sia sentito improvvisamente così amato da restare annichilito.

mercoledì 28 agosto 2024

Confini




Sono in vacanza.
Sta per finire, in realtà.
Sono rimasta nel centro della penisola, spostandomi di regione in regione.
Ora sono di nuovo sulla costa, ma quella opposta rispetto alla mia.
L'alba qui nasce sul mare, come da me il tramonto. Ed io mi alzo presto, mi scaravento giù dal letto e nell'arco di venti minuti scarsi sono lì ad osservarla.
Ha colori tenui, qui. Delicati. La osservo nascere senza alcuna violenza, senza il pianto tipico dei neonati al primo vagito. E' pallida, si fa guardare con tenerezza.

Mi sto riposando, nonostante i soliti chilometri percorsi a piedi, che non mi faccio mancare mai, in nessun luogo e in nessuna stagione.
Ma la vera costante di queste vacanze è stato il caldo. Umido, appiccicoso, a tratti insopportabile.
L'ho vissuto proprio male quest'anno. Per certi versi mi è sembrato più asfissiante, per altri credo che crescere d'età significhi anche ridurre la tolleranza per tutto quel che ci sarebbe da tollerare.
Mal sopporto anche la mia stessa immagine. Mi guardo allo specchio ed in questo periodo mi piaccio meno di quanto vorrei. Mi vedo più matura di quanto mi senta.
Penso che dovrei esserlo anche spiritualmente, concettualmente. 
E invece no, per certi versi mi sembra di non crescere affatto. Di essere ferma impantanata nei miei limiti, come se fossero sabbie mobili nelle quali avanzare con tanta fatica per non poi non riuscire a spostarsi di un millimetro. Sono lì, immersa in quei confini putridi, e da essi non mi muovo.

giovedì 22 agosto 2024

Rosso Sangue


C'è un tramonto delicato questa sera. Di colori tenui, appena accennati.
Un cielo fioco che si dipinge appena, forse timido, forse svogliato.

Sono tornata a casa mia, ho degli appuntamenti da onorare domani.
Mia madre non voleva che me ne andassi, papà era un po' assente ma si è lamentato blandamente anche lui.  
Qui in casa ho fatto quello che c'era da fare, ho trascorso due ore da sola ad ascoltare il silenzio, in uno stato d'animo strano che non so definire.

Sto onorando il riposo prima che la tregua finisca.
E guardo tutto senza guardare niente, così come adesso scrivo senza realmente dir qualcosa.
In questo son diventata maestra ormai. Quante parole vuote, quanti giri in tondo senza raggiungere alcuna meta. 
Mi sento triste questa sera e non so perché.
Mi sento vuota come se avessi scavato le mie interiora, come se le avessi messe su un vassoio e fossi rimasta solo involucro. Ed ora son qui che le osservo, vedo pezzi di intestino che avvolgono il fegato e il sangue cader giù dal tavolo e formare una pozza rossa sul pavimento di cotto.
C'è anche il cuore lì in mezzo ma non lo scorgo. 
Questa visione truculenta mi repelle ma non riesco a distogliere gli occhi. Eppure dev'esser da qualche parte, sento che non è rimasto qua dentro.
Dev'esser lì insieme ai polmoni e la milza, ma per quanto guardi, non riesco a trovarlo.
Allora con le mani rimetto tutta quella roba lì dove l'avevo tolta, ma senza alcuna cura.
Le mani diventano presto così sanguinarie che sembra io abbia ucciso qualcuno. E invece è tutto mio questo sangue, miei questi pezzi di carne che sto ricollocando dentro il corpo senza occuparmi di ridar loro un giusto posizionamento. E allora magari il fegato è finito appena sotto lo sterno. E l'intestino ora si aggroviglia al di sotto della gola. Ma il cuore no, non c'è davvero. E' sparito, scomparso, mi ha lasciata qui con i miei organi ricomposti alla rinfusa e queste mani rosso sangue che non so più dove pulire.

lunedì 19 agosto 2024

E quindi




Una leggera febbriciattola. 
La voglia ed il bisogno di non fermarsi, nonostante la sua presenza. 
Fingere di non sentirla, sovrapporla alla calura estiva.
Curare il mal di gola al meglio che si riesce.

Sono stati tre giorni splendidi ma anche molto stancanti.
Chilometri macinati su una terra amata e sotto un sole cocente. L'odore acre del sudore come compagno molesto e fastidioso. Poco riparo, ristori sporadici. 
Ed è venuto a piovere solo nel momento in cui più avrei voluto poter girare, vedere, immergermi nel luogo. Quando poi son tornata a casa dei miei genitori ho trovato un clima pesante, difficile, teso. 
Da una parte la felicità di poter stare un po' con loro, dall'altra il desiderio di fuggire via, da sola. 

Ed ora son qui, in casa loro.
Il cielo cambia volto più volte al giorno ed il caldo ancora si appoggia su ogni cosa.
Il frinire delle cicale accomuna la notte al giorno, confondendole.
La natura è rigogliosa in alcuni punti e arsa dal sole in altri. Come bruciata, spenta. 
Me ne sono scappata via poco dopo la sveglia, la colazione già resa pesante dai loro malumori. Anche la presenza di mio fratello, che avevo tanto agognato, è diventata mefitica. 
Avevo dimenticato questa seconda faccia della medaglia, ricordavo solo la gioia.
Ho camminato a lungo, prima in mezzo ad un verde che conosco quasi quanto le mie tasche, poi al centro del paese squadrata a vista dagli astanti. Soppesata, osservata. 
Ma non me ne importava. Stavo bene. Sto sempre bene quando cammino in compagnia di me stessa.

E quantomeno ora sono libera dal lavoro, almeno per qualche giorno.
Libera di potermi alzare più tardi, anche se finora non sono mai riuscita.
Libera di pulire meno, anche se lo faccio pure qui.
Libera... si, dai. Libera.

domenica 11 agosto 2024

Amir



Un caffè preparato con la moka, lentamente.
L'aroma che si diffonde veloce nella piccola cucina.
Quindi una tazzina vintage.
Un cubetto di cioccolato fondentissimo.
Un libro di poesie.
Ed una calura estenuante che si propaga sul terrazzo come una maledizione. 
Però mi piace questo silenzio, se fingo di non sentire la musica romena dei nuovi vicini. 
La copro col pensiero, la escludo.
Voglio che non ci siano rumori a coprire questo momento, la delicatezza di questa semi solitudine.

Apro l'agenda, scrivo appunti per i prossimi giorni.
Soffro questo caldo osceno anche quando cerco di concentrarmi su altro. 
Poi ripenso alle parole di Amir, alla sua alzata di spalle.
"E' agosto".
Come a dire: che si pretende? a che serve lamentarsi tanto? è nell'ordine delle cose.
E' un ragazzo saggio, sempre sorridente. Lavora sotto il sole ma non l'ho mai visto arrabbiato, dispiaciuto, preoccupato. Vive un giorno alla volta, magari è pieno di sogni che non racconta a nessuno, costruendoli piano con la meticolosa laboriosità di una formica.
Mi sono resa conto che le persone che stimo di più non ricoprono mai alti ruoli, non guadagnano cifre da capogiro, non guidano auto costose e non vivono nelle mega ville.
Le persone che stimo di più hanno lo stesso sorriso aperto di Amir.

martedì 6 agosto 2024

Una Mattina



Ti svegli presto, esci di corsa il prima possibile.
Cerchi una brezza che non trovi, una frescura che è ormai dispersa da oltre quaranta giorni.
Tuttavia prosegui, vuoi l'asfalto sotto i piedi, vuoi il cielo azzurro sopra la testa, vuoi prendere il caffè nel solito bar di amici e poi raggiungere il mare, guardarlo da vicino, calpestare più sabbia che si possa.
Scatti qualche fotografia, parli con tua madre al telefono, spegni la musica che ormai ti infastidisce anziché esserti di compagnia. 
Un giro veloce al mercato, non compri niente a parte due ciotoline che non ti servivano neppure.
Guardi gli aerei vorticare nel cielo, i gabbiani appoggiarsi chiassosi sui tralicci della corrente. 

Gli animali del circo non ci sono più. Portati via tutti prima che iniziassi il turno.
Non so perché pensavo che mi avrebbero attesa per un saluto, che personcina stupida che sono a volte. Mi capita di dare per scontate cose che non hanno alcun senso. 
La loro vista mi ha fatto tenera allegria per una ventina di giorni, erano così belli e bizzarri che di rado riuscivo a staccare gli occhi. Ora il campo è rimasto quasi vuoto, hanno lasciato solo un grosso cumulo di letame. 

Ed io aspetto le ferie come una benedizione che tarda ad arrivare.
Sono stanca, provata dal caldo, dall'afa, dall'umidità incessante. Ma soprattutto da un anno tosto, come in fondo lo sono tutti. Mi riscopro a desiderare semplicemente il silenzio, le cosce nude su un letto fresco, l'oblio, l'indifferenza per il mondo.