giovedì 28 marzo 2024

Quel pomeriggio



Quel pomeriggio mio padre ed io abbiamo bevuto un caffè insieme.
Il bar sulla piazzetta era intimo e raccolto, persino un po' buio, però mi piacque subito. 
Era zeppo di posti a sedere ma rimanemmo in piedi, a ridosso del bancone, a conversare col gestore, un uomo che non avevamo mai visto e che probabilmente non rivedremo più.
Io lo bevvi lentamente, come sempre, accarezzando la tazzina con le dita, socchiudendo gli occhi per meglio assaporarne il gusto amaro e deciso. Lui invece fu fin troppo sbrigativo.
Il tempo di girarmi ed  aveva già pagato. Ci tenevo a farlo io, gli ho fatto notare che non me ne aveva neanche dato il tempo. Ma lui rispose che era troppo bello offrire qualcosa a sua figlia, che non succedeva mai. 
Ed è vero. Non capita mai di poter fare una cosa così semplice insieme.
Sempre distanti, sempre fisicamente lontani.

Ed era un momento terribile quello lì, di lì a poco avrebbero trasportato la salma di mio zio. 
Era terribile eppure quella consumazione insieme, così breve ma così intensa, mi sembrò  meravigliosa. Andammo in bagno a turno, salutammo l'uomo e quando uscimmo il grosso Mercedes arrivò. Avevamo appena fatto in tempo.

Di mio zio mi è stata consegnata una foto, solo pochi giorni fa.
Avevo forse meno di due anni, gli ero seduta in grembo, mi osservava mangiare. Sorrideva.
Mi amava già.

Ho un cliente che fisicamente gli assomiglia anche se me ne sono resa conto solo di recente. Provai per lui una simpatia istantanea, di pelle. Un suo amico che conosco da anni lo definisce, geloso che non valga lo stesso per lui, "il mio preferito". Che è un termine improprio, in fondo, ma che ben descrive quanto semplice sia, per uno spettatore esterno, accorgersi di certe simpatie. 
Hanno le stesse mani grandi. La stessa attaccatura di capelli scuri. Una montatura simile di occhiali. Persino la stessa altezza, una simile andatura, quel medesimo sorriso aperto e coinvolgente.
Tonino è più giovane di mio zio, somiglia a quello che lui era qualche anno fa, forse quando ero adolescente o poco più tardi. 
Non penso di dirglielo, che senso avrebbe? è meglio che pensi che mi va a genio per come si presenta, non per chi mi ricorda. A nessuno piace essere la pallida copia di qualcuno che non c'è più.

giovedì 21 marzo 2024

Hikmet

 



Giornata Mondiale della Poesia.
A tutti quelli che non sanno viver senza, come me, oggi dedico questi versi meravigliosi di Nazim Hikmet, autore turco che amo molto e che tengo sul mio comodino da anni.
Apro, leggo, sfoglio, sogno, imparo.


Non vivere su questa terra
come un estraneo
e come un vagabondo sognatore.
Vivi in questo mondo
come nella casa di tuo padre:
credi al grano, alla terra, al mare,
ma prima di tutto credi all’uomo.
Ama le nuvole, le macchine, i libri,
ma prima di tutto ama l’uomo.
Senti la tristezza del ramo che secca,
dell’astro che si spegne,
dell’animale ferito che rantola,
ma prima di tutto senti la tristezza
e il dolore dell’uomo.
Ti diano gioia
tutti i beni della terra:
l’ombra e la luce ti diano gioia,
le quattro stagioni ti diano gioia,
ma soprattutto, a piene mani,
ti dia gioia l’uomo!


venerdì 15 marzo 2024

Easy



C'è un'aria più leggera in questi giorni, più sottile.
Un'aria che anticipa la primavera in arrivo.
Un cielo azzurro che si vela appena, i gerani che sbocciano tutti insieme, le vie ricolme di limoni maturi, pronti per essere raccolti. Qualche bocciolo di ciliegio che fiorisce già.
Non fa caldo, non fa freddo. E' il paradiso. 
E io respiro ogni attimo che trascorro da sola, in mezzo alla natura, come un inno di gioia e di spensieratezza. La mia ricarica, la mia ripresa, la mia meditazione, la mia unica forma di spiritualità.

Ho conosciuto delle persone negli ultimi mesi.
Mi sono affezionata. 
Scherziamo, ridiamo, facciamo due chiacchiere in allegria.
Niente d'impegnativo, nessuna amicizia profonda.
Solo risate, un caffè, un clima disteso.
Alla fine è quello di cui sentivo il bisogno.

venerdì 8 marzo 2024

Comunque Andare

Quadro di Adriano Galasso.



Sono giorni che tento di buttare giù due righe e non ci riesco mai.
Ci provo anche oggi, in questo ventoso venerdì di sole e di nuvole che si intersecano privi di espressività. 
Mi sono alzata già stanca, come spesso succede quando mi avvicino alla conclusione della settimana e mi sembra di aver già sparato tutte le mie cartucce, raschiato il fondo delle mie energie.
E invece me ne servono ancora tante. Troppe.
Perché fino al sabato sera non c'è un attimo di vero respiro.
A volte per ciò che devo fare obbligatoriamente.
A volte, per i ritmi che io stessa mi impongo di tenere.

Vorrei solo starmene in silenzio per un po'. 
Osservare i fiori sul mio terrazzo che sono già una moltitudine di colori incantevoli.
Sorridere soddisfatta.
Magari uscire a fare una passeggiata, da sola, senza questo vento aguzzo che mi trascina e tenta di farmi cadere.

Sono stanca.
L'ho già scritto, lo so. Ma a chi dovrei dirlo? chi mi ascolterebbe se lo pronunciassi a voce alta?
Io poi sono il tipo che non si lamenta. Perché cosa avrei da lamentarmi? vivo meglio di tanta gente che conosco. E la mia vita mi piace. Mi riempie anche positivamente.
Eppure a volte sento la fatica subissarmi, saturare gli ultimi granelli di vitalità.

E c'è così tanto da fare e da pensare che un sospiro non basta.
Bisogna rimboccarsi le maniche come sempre...e semplicemente andare.