Il freddo mi pungeva il volto, le mani. Le labbra sembravano mummificate.
Io però procedevo, incurante, certa che quel sole mi avrebbe scaldata presto.
Ed era effettivamente così. Difficili i primi tre o quattro chilometri, poi la temperatura un poco s'alzava e superate le zone completamente ombrose, tornavo a respirare.
Immersa in quella natura rossastra non m'importava di nient'altro. Poi arrivavo in paese, mi mescolavo alla gente, ascoltavo le musiche natalizie in filodiffusione, sorbivo un caffè lungo in un bar del borgo, chiacchieravo con qualche conoscente incontrato per caso.
Muovermi mi fa stare bene, la difficoltà a star ferma diventa sempre più pressante.
A volte qualcuno veniva con me. A volte ero sola ad ascoltare lo scricchiolio delle foglie sotto i miei piedi. La vita in campagna sa esser lenta ed esasperante, oppure vibrante e colorata se ci si immerge a fondo come a me piace fare.
Ho trascorso anche due giorni in Umbria, la regione che visito più spesso, quella che non mi stanca mai, che mi accoglie, che mi fa sua. Ed è come se nelle sue strade ci fosse qualcosa di mio, o nel mio sangue qualcosa di suo. Ci rivediamo ed è come essersi lasciati il giorno prima. Cambio città e visuale ma il paesaggio resta incantevole ovunque.
Ho scattato molte foto come sempre, anche con le mani anchilosate dal freddo, in fondo sicura che sarebbero state belle ugualmente. Le riguardo con un sorriso, felice di aver accumulato qualche altro bel ricordo da tenere a mente, esperienze a cui tornare col pensiero quando gli impegni torneranno a schiacciarmi.
Finisce questo 2024 e vedo un po' di nebbia all'orizzonte, la stessa che mi accompagna da un po'. Le ombre non si dipanano in un giorno o in una notte. E non basta che dicembre diventi gennaio.