martedì 25 marzo 2025

Radura



L'uomo se ne stava seduto su una piccola sedia di legno, che neppure lo conteneva tutto, nell'unica parte assolata del suo giardino.
Tutt'intorno piante e cespugli, erba incolta, qualche fiore sporadico, un'ombra piena come di radura.
E lui lì in mezzo, a fumare, in completo silenzio.
Non c'era neppure il cagnolino bianco che si porta sempre appresso.
E pensava, pensava. Si vedeva che pensava. Era completamente assorto, un tutt'uno col sole che lo benediceva, le volute di fumo della sua sigaretta e l'erba alta sotto le sue scarpe.

E' una casa particolare, la sua. Non che l'abbia mai vista dall'interno, ma da fuori sembra la piccola dimora di una fiaba. Oltre il cancello di ferro battuto più grande, da cui far passare la sua automobile gialla, ce n'è uno piccolino di legno. Travi ormai consunte, scolorite, sulle quali a giugno fiorisce una bouganvillea rossa che fotografo ogni anno. Sempre uguale, sempre lei. Quasi una foto segna tempo. 
Il giardino è piccolino ma sembra contenere storie intere, pagine di libri ingialliti dagli anni. 
E sembra tutto così nascosto, così poco interessante, che si potrebbe passare oltre senza accorgersene neppure. E invece io guardo tutto questo ogni volta, quasi rapita, e prima di oggi non m'era mai capitato di osservare la vita oltre quelle sbarre. 
E oggi c'è quest'uomo, che conosco di vista, che fuma assorto e pensoso come tutti pensiamo, in fondo. Solo, né felice né triste, semplicemente assente. 
Dunque gli altri pensano da fermi mentre io penso in movimento. Mi sono ricordata di quando anch'io sapevo star ferma in un luogo ad ascoltare i pensieri fluire, presente eppure lontanissima allo stesso tempo. Ed ora invece vortico come una trottola, senza sapermi fermare mai. Una farfalla che spiega le sue ali in volo, annusando i fiori, poggiandosi sugli steli d'erba e poi ripartendo verso altri fiori e altri steli. Convinta che nella brevità della sua vita, solo questo abbia senso.

lunedì 17 marzo 2025

Aguzzo

 

Il vento freddo e aguzzo mi spettinava i capelli. Avrei dovuto legarli, tenerli a bada. E invece eccoli svettare ovunque, riccioli scomposti che mi piombavano continuamente davanti agli occhi, rendendomi difficoltoso persino camminare.
Faceva freddo, anche. Avevo dovuto riprendere lo sciarpone invernale, avvolgerlo tutto intorno al collo, seppellirci le mani gelate.
Anche il mare seguiva quel moto osceno, un'ampia distesa di onde alte che sbattevano sul bagnasciuga quasi a volerlo picchiare. Tutto sembrava in lite. Gli uccelli, le nuvole scure, il vento, i miei riccioli.
Eppure mi sentivo serena. Al sicuro.
Poca gente in giro, i rumori della natura a rendere inutile la musica delle cuffiette, ad esser loro stessi melodia, danza, giravolte. 
Gli unici esseri imperturbabili, uno sparuto gruppo di cormorani neri. Se ne stavo diritti su alcune travi, incuranti di tutto ciò che avveniva intorno a loro, di quell'uragano di vento, di onde, di follia primaverile. Nulla sembrava scalfirli, piegarli, spostarli. 
Io faticavo a camminare dritta e loro se ne stavano eretti come statue. 

Ho trovato riparo presso l'unico bar aperto di quella porzione di litorale. La musica alta copriva i rumori esterni, mi faceva venir voglia di ballare. Ho ordinato un decaffeinato, che la mia dose di caffeina era già stata assunta. L'ho sorbito lentamente mentre osservavo le facce degli altri sporadici avventori, i colori tenui del negozio, il legno sotto i miei piedi. La ragazza al banco mi sorrideva, io le ho sorriso a mia volta. Era giovane, appena ventenne forse. I capelli lisci e chiari, un'acne impietosa su un viso d'alabastro. 
Sono andata in toilette, mi sono osservata allo specchio. I riccioli non erano poi così scomposti come credevo e il mio viso arrossato dal vento sembrava quello di una giovinetta di campagna. Ero bella, bella veramente. E non me l'aspettavo. 
Forse si è più belli quando si vivono attimi semplici, delicatissimi. Quei momenti che sembrano niente e invece ci fanno stare così bene, ci riportano ad uno stato di mite spensieratezza che rende il vivere molto più leggero e sopportabile.

mercoledì 12 marzo 2025

Un Passero



Piove.
Una pioggia sottile, grigia, amarognola.
Il mio umore è all'incirca come quella cosa là che cade dal cielo.
Attutito, indifferente, sporco. 
Ho un mare di pensieri che m'attraversano ma non c'è mare che me li possa lavar via, oggi.
Devo restarmene dentro queste stanze e poco dopo in quelle del lavoro.
Rinchiusa come un passero dentro una gabbietta minuscola.
Sbatto le ali tristemente, mi guardo intorno e sospiro.
Ho smesso di cantare.
Faccio tante cose ma non me ne piace nessuna. Sono doveri, questi, e i doveri a volte tengono avvinti.
Provo un fastidio leggero ma persistente per questa gente che vedo ogni giorno e a cui, in fondo, voglio anche bene.
Ecco la ragione delle mie continue fughe.
Depurarmi. Resettarmi. Tornare nel mio centro. 
Anche il proprio mondo, a volte, può stare stretto.
Ci sono giorni in cui i confini vanno allargati, gli orizzonti resi più estesi.
Sono un animaletto svolazzante che non scambierebbe mai i suoi momenti di libertà con il buio di un cinema, un divano e un televisore, una partita a scacchi, un concerto. E son cose che ho fatto, in fondo, ma che non mi piacciono più.

domenica 9 marzo 2025

A Sporcar La Quiete



Mi sono chiusa in camera, agognavo il silenzio.
Le grida della tv mi toglievano il respiro, la concentrazione.
Io che non la guardo mai, che non ne sopporto il vociare, i tempi morti, le palesi ostilità, le cattive notizie, i motivetti ripetuti delle pubblicità.
E invece sento la vita degli altri attraverso le pareti. Genitori che sgridano i figli, stremati. 
Bambini capricciosi che piangono e sbattono i piedi.
Sospiro.
Mi manca già la quiete di poche ore fa. Sola in mezzo alla natura taciturna.
Ed era un tripudio di colori, uno scoppiettare di boccioli, di germogli maturi, di petali colorati.
Mi sarei sdraiata al suolo, sul prato, felice di sporcarmi d'erba verde, di schiacciare le margherite col mio corpo. Avrei osservato il cielo, immaginato animali al posto delle nuvole, accarezzato le lucertole e sonnecchiato al vento.
Mi sarei sentita parte del tutto, minuscolo insignificante essere umano, granello di una terra vastissima. 

Ho accumulato tanta bellezza oggi.
Negli occhi, nel cuore, tra i tessuti della pelle.
Eppure adesso sembra già essersi nascosta, non la percepisco più.
Mi tornano in mente le parole di quella canzone.
Ci sono stati dei momenti intensi ma li ho persi già.
Sento solo il pianto della bambina al di là della parete, una cantilena che sembra durare in eterno, che non lascia spazio ai ricordi di questa domenica gentile.
Sono già quindici minuti di pianto ininterrotto, di lamentele miste ad un sonno che evidentemente tarda ad arrivare.
Sospiro nuovamente.
Forse l'inferno è fatto di suoni stridenti, cadenzati e costanti per tutte quelle persone che possono viver felici solo nella quiete. Un contrappasso odioso e dilaniante.