Cieli neri che sembrano fatti di fuliggine e petrolio.
Io che mi sento sporca come se li avessi attraversati col corpo nudo.
Sento il marcio scivolarmi tra i capelli, ondeggiare insieme ai ricci, poi ricadere lungo la curva della schiena, dei fianchi, fino a finirmi dritto sui piedi.
Quando rincaso non mi sento sudata né bagnata, la pioggia che ho preso non ha lavato nulla, neppure i pensieri.
Entro in doccia quando l'acqua è ancora fredda, mi lascio percorrere come da un fuoco nemico che a contatto con la pelle diventi ghiaccio.
Chiudo gli occhi, ho dimenticato di accendere la solita musica.
Che comunque non ascolterei. Il più delle volte è un sottofondo gentile o chiassoso che sembra non avere nulla a che fare con me. Una presenza nota, discreta, a volte persino urlante, che non sento neppure. Un vuoto fatto di melodie e parole innocue. Un vuoto meno vuoto del vero vuoto.
Mi vesto guardandomi appena, accarezzo questi piccoli tatuaggi come creature di cui prendermi cura.
Alcuni giorni mi perdo in un silenzio oscuro e diabolico, fatto di ombre, di nuvole basse, di piogge torrenziali. Gli altri mi appaiono lontanissimi, puntolini persi nel mondo un po' come me.
Puntolini con cui entrare in contatto a piccole dosi, collisioni inesistenti.
non è un caso, credo, che tu non abbia acceso la musica, il silenzio era il miglior accompagnamento all’umore “fangoso “.
RispondiEliminaPiaciuta la scrittura asciutta, spigolosa, appena ammorbidita nel finale dalla carezza ai piccoli tatuaggi
massimolegnani