domenica 3 agosto 2025

Alberi Da Frutto



Ero sola in mezzo alla terra, come spesso mi accadeva anche da bambina.
Camminavo, osservavo le piante da frutto di mio zio.
La sua essenza mi sembrava ancora appartenere quei luoghi, in qualche modo era rimasta incastrata tra le pere bitorzolute e la moltitudine di mele ancora acerbe. Lo sentivo librarsi nell'aria come un alito, una piuma, una farfalla leggera. 
Ma al tempo stesso era la sua assenza fisica a trafiggermi, la sentivo colpirmi ovunque, la vedevo stilettare la pelle, entrare nelle ossa, macchiarsi nel sangue. Un dolore che provai ad accogliere, pur pensando di non essere andata a cercarmelo. 
Mi aveva raggiunta di soppiatto, subdolo, nascondendosi tra gli ulivi e i melograni. Era lì che mi attendeva, forse sapeva che avrei cercato riparo in quella parte del mondo dove nessuno sarebbe venuto a cercarmi.
All'improvviso un momento di pace era diventato altro. Ne osservavo i contorni offuscati, avrei voluto chiedere un abbraccio proprio a chi non poteva offrirmelo.

Intanto il cielo scuriva, diventava tempesta. Mi si lanciò addosso una nostalgia di cose ignote e di altre conosciutissime. Temevo che se avessi aperto il rubinetto degli occhi sarei venuta a piovere più del cielo. Con la stessa intensità danzante, prima con qualche sporadica goccia fredda, poi con un acquazzone violento ed inspiegabile. 
Risalii dunque verso la casa, mi feci portare via da quel vento brutale che tiranneggiava le mie spalle scoperte. 
E una volta uscita da quel pezzo di terra mi vidi tornare me stessa, con gli occhi asciutti, qualche fotografia in più, la sensazione di aver toccato qualcuno il cui corpo non esisteva più da un anno e mezzo. Una carezza leggera, come di gratitudine, di amore mai sepolto, rimastomi addosso come un tatuaggio.