mercoledì 27 agosto 2025

Dilatato

 

Giorni in cui il tempo si è fermato un po'. Dilatato. Esteso.
L'ho visto espandersi mentre mi contraevo, mentre prendevo distanza, mentre chiudevo gli occhi e imparavo a respirare diversamente.
Non mi sono mai allontanata molto. Una regione vicina piena di natura incantevole, solo per tre giorni. Poi altra natura nella vecchia casa familiare. Qualche lago. I colori di case tinte di fresco. I portoni in legno grezzo che tanto mi attraeva ritrarre.
E nel mezzo un mare di confusione lavorativa che il mio compagno cercava di arginare, senza poterci riuscire, senza poter neanche condividere con me quei luoghi che stavo vivendo.
Problemi che si accavallavano, che tuttora si ergono di fronte a noi fino a farci boccheggiare.
Le mie fughe continue. 
Perché esserci avrebbe appesantito entrambi e allora ho provato a vivere il più che potessi, insistentemente. Ho alternato i mal di pancia da stress con lo sport, il sudore, la musica, le persone, i biscotti di mia madre, il gusto aspro della frutta sulla lingua, gli animali che incontravo, i tanti caffè nei bar più intimi che potessi trovare, il senso di meraviglia che non m'abbandona mai.
Si può essere felici quando una parte della tua vita ti fa sentire in bilico?
Si può, tutto sommato. Ci si riesce in quei momenti in cui esiste solo quel lembo di presente, come se fosse un lenzuolo bianco e fresco sopra cui stendersi e trovar refrigerio quando il caldo umido diventa insostenibile. 

venerdì 22 agosto 2025

Visuali




Mi alzo presto, in silenzio raggiungo la cucina, apro le persiane, osservo l'alba fare capolino dietro le montagne. Il sole si nasconde dietro le nuvole, poi velocemente si fa strada tra di esse per apparirmi intero già pochi istanti dopo.
Sorrido. Respiro l'aria pulita della natura tutt'intorno, l'umidità fresca che segue una notte di temporali o vento aguzzo.
Poi rientro, in solitudine preparo la mia colazione sperando che nessuno degli altri giunga a disturbarla.
Voglio essere sola mentre sorseggio il mio tè verde, mentre assaporo la frutta sommersa a pezzi nello yogurt bianco. Quando ho finito infilo i miei abiti sportivi, le mie scarpe scure, le cuffiette, lo zainetto con pochi essenziali.
Le salite si sentono sui polpacci ed è un dolore piacevole, che non disturba.
Incontro animali, pochissime e rare automobili. Fotografo piante da frutto, rose, foglie già rossastre ai bordi delle strade. Una solitudine meravigliosa, fatta di pienezza, di contemplazione, di una spiritualità taciturna che mi pervade come una luce.
Quando finalmente il borgo appare alla vista vado ancora più veloce.
Rientro nella civiltà, osservo la vita degli altri dipanarsi sullo sfondo di una piazza con cattedrale che conosco come le mie tasche ma che si fa nuova ogni volta che torno da queste parti, come se dei micro-cambiamenti la rendessero moderna.
Ogni tanto incontro qualcuno che conosco e scambio due parole.
Altre volte non incontro nessuno di familiare ma ugualmente mi capita di parlare con qualcuno perché io son fatta così, mi piace comunicare, fare vita sociale, sentirmi parte di un luogo quanto i suoi abitanti.
Scelgo un posto dove bere un caffè. Non sempre mi siedo, però lo assaporo come un momento inossidabile, di quelli che non voglio proprio perdermi. 
Quando è il momento di andar via, riprendere il cammino verso casa, ripercorrere tutto all'indietro, partendo dalla civiltà e tornando in mezzo alla più fitta natura, mi sento bene da una parte e triste dall'altra. Perché spesso non vorrei tornare, vorrei girare in tondo come una pazza, persino a costo di annoiarmi, ma sollevata di non dover render conto a nessuno del tempo che occupo con me sola.

giovedì 21 agosto 2025

Un Vero Amico

 

Ieri ho rivisto una persona che ha segnato buona parte della mia esistenza e che, per cause di forza maggiore, non avevo modo di stringere da ben 15 anni.

Un'amicizia nata sui banchi di scuola, la nostra.
Lui un bel ragazzo moro che piaceva a tante. Io una ragazzetta timida ed insicura che ha passato l'intera adolescenza a nascondersi.
Non so come lui sia riuscito a vedermi, nonostante tutto quel nascondere me stessa.
Eppure insieme eravamo proprio una bella squadra.
Era il mio migliore amico, l'unico di cui potessi davvero fidarmi.
Quante risate su quei banchi di legno. Quante lacrime quando cambiò indirizzo scolastico.
Quanto sollievo nel notare che all'ora di ricreazione attraversava spesso quei corridoi per raggiungermi comunque. Il mescolarsi di alunni di istituti differenti non era ben visto, lì da noi, tuttavia a lui non importava. Ed eravamo ancora insieme, dopotutto.
Lasciarsi soli dopo tutte quelle risate, quelle confidenze, quel saperci parlare con gli occhi, con la voce, coi pensieri, non era previsto. La nostra amicizia sarebbe sopravvissuta ai cambiamenti. E lo ha fatto.

Era con me durante quei lutti. Era con me in quel diciottesimo compleanno festeggiato in cinque nel salotto di casa mia mentre zia stava per morire.
Ero con lui il giorno dopo la sua prima volta, quando euforico me la raccontò per filo e per segno incurante del mio imbarazzo.
Era con me quando mi sono fidanzata. Io con lui quando veniva trattato in maniera indegna da ragazze che non si accorgevano di quanto puro lui fosse interiormente.
E così ieri pomeriggio, quando sono entrata nella sua auto, abbracciarsi e ridere ed esser felici e sollevati, è stato così bello e spontaneo da darmi i brividi tutt'ora mentre ci penso.
Abbiamo parlato per due ore e mezza. Prima di fronte ad un caffé, poi a passeggio per quelle vie che tante volte ci avevano già visti insieme in quegli anni.
Ci siamo raccontati molto. Ci siamo detti parte di quelle cose che ci eravamo persi nel tempo per via dell'enorme distanza geografica che ci separa.
Ma più di tutto è stato bello constatare che 15 anni dopo il nostro rapporto è ancora bello, fulgido, vivo ed intenso come da minorenni. Siamo cambiati esteriormente, per tanti versi lo siamo anche dentro. Due persone che sono diventate altro da quel che erano.
Ma il bene no, quello è rimasto davvero lo stesso. L'anima non invecchia, non cresce, non scolorisce. 

E la mia anima e la tua, C, io ne sono sicura... si riconosceranno sempre.

venerdì 15 agosto 2025

Sospesa

 

Un senso di stanchezza mi avvolge tutta, completamente, come una coperta che non riesco a levarmi di dosso. Eppure mi sono alzata alle 6 come ogni giorno.
Perché così sono abituata a fare.
Non conta che sia ferragosto, contano il lavoro svolto finora, i ritmi, lo stress, questo caldo accecante, i nuvoloni umidi di questa giornata in cui la gente fa festa. E io no. Io mi distacco dal mondo, dalle voci, dai doveri, dai pensieri.
E semplicemente esisto, mi limito ad essere presente nel poco spazio che occupo senza pensare agli spazi che lascio fuori e che son pronta a ritrovare in un altro momento.
Sono solo le 10 del mattino, potrebbero essere anche le 9 della sera e non farebbe alcuna differenza.

Sono andata a salutare una dipendente che ieri ha svolto il suo ultimo giorno da noi.
Ci siamo abbracciate, accarezzate, strette le mani. A lungo.
Ho pianto un po', mi sono emozionata.
Quattro anni fa dopo essermi ammalata a causa di qualcuno che ci aveva fatto del male, mi ero ripromessa di non fare amicizia, di non affezionarmi. E per i primi due anni e mezzo è stato effettivamente così. Era solo una collaboratrice, nulla di più.
Poi sono guarita. Fisicamente. Mentalmente anche, un pochino.
E le barriere sono cadute da sole, senza che me ne accorgessi.
Non ho trovato una persona perfetta né lo sono stata io.
Però ci vogliamo bene e quando ce ne siamo rese conto è stato bellissimo.
I rapporti non muoiono quando si smette di lavorare insieme. A volte, in realtà, iniziano.
Sento che sarà così.

domenica 3 agosto 2025

Alberi Da Frutto



Ero sola in mezzo alla terra, come spesso mi accadeva anche da bambina.
Camminavo, osservavo le piante da frutto di mio zio.
La sua essenza mi sembrava ancora appartenere quei luoghi, in qualche modo era rimasta incastrata tra le pere bitorzolute e la moltitudine di mele ancora acerbe. Lo sentivo librarsi nell'aria come un alito, una piuma, una farfalla leggera. 
Ma al tempo stesso era la sua assenza fisica a trafiggermi, la sentivo colpirmi ovunque, la vedevo stilettare la pelle, entrare nelle ossa, macchiarsi nel sangue. Un dolore che provai ad accogliere, pur pensando di non essere andata a cercarmelo. 
Mi aveva raggiunta di soppiatto, subdolo, nascondendosi tra gli ulivi e i melograni. Era lì che mi attendeva, forse sapeva che avrei cercato riparo in quella parte del mondo dove nessuno sarebbe venuto a cercarmi.
All'improvviso un momento di pace era diventato altro. Ne osservavo i contorni offuscati, avrei voluto chiedere un abbraccio proprio a chi non poteva offrirmelo.

Intanto il cielo scuriva, diventava tempesta. Mi si lanciò addosso una nostalgia di cose ignote e di altre conosciutissime. Temevo che se avessi aperto il rubinetto degli occhi sarei venuta a piovere più del cielo. Con la stessa intensità danzante, prima con qualche sporadica goccia fredda, poi con un acquazzone violento ed inspiegabile. 
Risalii dunque verso la casa, mi feci portare via da quel vento brutale che tiranneggiava le mie spalle scoperte. 
E una volta uscita da quel pezzo di terra mi vidi tornare me stessa, con gli occhi asciutti, qualche fotografia in più, la sensazione di aver toccato qualcuno il cui corpo non esisteva più da un anno e mezzo. Una carezza leggera, come di gratitudine, di amore mai sepolto, rimastomi addosso come un tatuaggio.