Un senso di stanchezza mi avvolge tutta, completamente, come una coperta che non riesco a levarmi di dosso. Eppure mi sono alzata alle 6 come ogni giorno.
Perché così sono abituata a fare.
Non conta che sia ferragosto, contano il lavoro svolto finora, i ritmi, lo stress, questo caldo accecante, i nuvoloni umidi di questa giornata in cui la gente fa festa. E io no. Io mi distacco dal mondo, dalle voci, dai doveri, dai pensieri.
E semplicemente esisto, mi limito ad essere presente nel poco spazio che occupo senza pensare agli spazi che lascio fuori e che son pronta a ritrovare in un altro momento.
Sono solo le 10 del mattino, potrebbero essere anche le 9 della sera e non farebbe alcuna differenza.
Sono andata a salutare una dipendente che ieri ha svolto il suo ultimo giorno da noi.
Ci siamo abbracciate, accarezzate, strette le mani. A lungo.
Ho pianto un po', mi sono emozionata.
Quattro anni fa dopo essermi ammalata a causa di qualcuno che ci aveva fatto del male, mi ero ripromessa di non fare amicizia, di non affezionarmi. E per i primi due anni e mezzo è stato effettivamente così. Era solo una collaboratrice, nulla di più.
Poi sono guarita. Fisicamente. Mentalmente anche, un pochino.
E le barriere sono cadute da sole, senza che me ne accorgessi.
Non ho trovato una persona perfetta né lo sono stata io.
Però ci vogliamo bene e quando ce ne siamo rese conto è stato bellissimo.
I rapporti non muoiono quando si smette di lavorare insieme. A volte, in realtà, iniziano.
Sento che sarà così.
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