lunedì 16 giugno 2025

Coltre

 

L'umidità cala come una coltre sopra ogni cosa.
Ci travolge, non ci fa tirare il fiato.
Se il caldo, qui, non venisse aggravato da questa cappa umida forse potremmo vivere decentemente. Forse. Ma questa è una visione d'inferno.
E allora ci aggiriamo come zombie nelle vie, inerti e inermi, cercando un approdo momentaneo.

Al mattino esco prestissimo ma non c'è aria respirabile.
E allora anche fare sport diventa un lavoro come tutti gli altri, non c'è più quella gioia serena, quel vagare appagante. Siamo ombre irriconoscibili di noi stessi.

Sono stata da mia madre ieri. E' tornata a casa dopo oltre un mese d'ospedale e per la prima volta dopo l'operazione ho potuto vedere la grande cicatrice che ha addosso e che non l'abbandonerà più. Un pezzo di storia, la pagina di un libro, un capitolo che non verrà dimenticato.
Ha dolore, non si muove bene, tutto è diventato complicato.
E in casa c'è sempre un clima estremamente pesante, una coltre che somiglia a quella descritta pocanzi e che ricopre l'umore di tutti, lo riveste come un cappotto di fustagno. 
Le mie ferie non inizieranno prima di due mesi ma il pensiero di passare qualche giorno lì, stavolta, non mi fa stare bene. Mi opprime. 
Anche in passato ho provato questa sensazione ma solo ora riesco a darle un nome, una forma, una rilevanza di cui non voglio provare vergogna. Anche i sentimenti negativi possono, e anzi dovrebbero, essere espressi.

Ieri ricorrevano due anniversari speciali. 
In primis il compleanno del mio compagno. In secundis, ho festeggiato mentalmente dodici anni dal mio trasferimento qui in zona di mare. 
E mai come ieri, mentre ero in casa con la mia famiglia e il nodo in gola si allargava a macchia d'olio, mi sono resa conto di quanto proprio quel trasferimento mi abbia salvata.
Se avessi continuato a viver lì non sarei mai diventata la persona che sono. Che non sono niente di che, figuriamoci, però sono me stessa. Lì dentro sarei perita a poco a poco, dentro il guscio esterno di questa personcina non sarebbe rimasta che amarezza.
Si può volere un mondo di bene alla propria famiglia eppure avere il bisogno di starle lontano per respirare a pieni polmoni. E' tutto molto disfunzionale lì dentro e porre una distanza geografica tra me e ciò che è racchiuso fra quelle pareti è stata la scelta migliore che potessi fare.

giovedì 5 giugno 2025

Pelle



Avevo voglia di scrivere.
A volte succede di avvertirne un'impellente necessità.
Non ho niente di serio da raccontare, in realtà, solo piccole stramberie della mia vita che procede con il solito silenzio e il solito chiasso di sempre.
Poche ore fa ero fuori dal bar che frequento al mattino prima di correre al mare. Dentro c'erano il proprietario e due avventori abituali. Mi sono avvicinata all'uscio, li ho visti osservarmi attraverso le vetrate. Uno di loro ha detto "eccola, la più bella ragazza di X."
Mi guardavano, parlavano di me. Allora ho atteso un po' sulla porta, quasi intimorita da quel commento, ma poi sono entrata, sicura, con un ampio sorriso sulla faccia. E in quel momento si, mi sono sentita bella sul serio. 
Mi piace quel posto, ci sono persone gentili, non invadenti, adulte. Non è un bar di ragazzini, non è un bar di vecchi. E' un bar di gente normale, tranquilla, almeno a quell'ora.
Un caffè veloce, in piedi. Due chiacchiere altrettanto repentine. E poi corro via, non mi si acciuffa mai. Il mare che pian piano inizia ad accogliere gente che fino a dieci giorni fa non c'era. Le spiagge che cominciano a colorarsi di ombrelloni. Io che faccio quello che faccio in qualunque altra stagione dell'anno, con o senza queste persone. Correre, camminare, ascoltare musica, pensare, macinare chilometri, bermi tutto il sole e tutto il mare. Poi torno a casa, sudatissima, una doccia, la vita che si dipana davanti ai miei occhi e che acciuffo senza sedermi mai, in una continua corsa che è la mia vita stessa, credo.

Ho programmato una visita medica per la fine della prossima settimana.
L'orario non è dei più congeniali ma è necessario che venga fatta al più presto.
Maggio è stato un mese complicato, che si è riversato sul mio corpo e sul mio tessuto ormonale come lava incandescente. Ne sono uscita bruciata, letteralmente. 
Ed ora pian piano cerco di toglier via quella pelle rovinata. Soffio gentile sulle nuove cellule candide, provo a riprendere il cammino con una maggiore serenità.