domenica 22 giugno 2025

Corpi

 

Ieri sera m'ha punto un'ape. 
Bruciava un tramonto incendiario oltre il terrazzo, dietro le case, sopra la gru che costeggia la scuola in costruzione. A poco a poco il sole scendeva e scaldava il cielo, morendo in un calore d'inferno a cui stentiamo ad abituarci.
Il lavoro era finito da appena mezz'ora. La cena era durata un lampo, lì da sola, in cucina, scalza e poco vestita. Aspettavo la doccia, stavo per farla. E quell'ape attendeva che la liberassi dalla trappola in cui s'era cacciata, per poi morirmi addosso.
Il dolore cresceva sotto l'acqua calda, stilettate bollenti mi falciavano la pelle. In quella zona tra il seno ed il collo, in cui m'aveva punto, non si poteva neanche passar la spugna. 

Mi guardavo il corpo nudo nei camerini, oggi.
Stentavo a riconoscerlo.
Ero io, quella ragazzetta? O era un'altra che stavo guardando da fuori?
Ma no, quei capelli ricci perennemente spettinati erano sicuramente i miei. E allora era mio anche tutto il resto. Le ossa esposte delle costole, il lungo graffio rosso sulle vertebre, il culetto tondo nel perizoma, quelle gambe bianche che non m'erano mai piaciute.
Mi sono sentita piccola e fragile, chissà perché. E quella puntura addosso svettava dolorante, chiedendomi di estrarre finalmente quel pungiglione che non mi dava tregua.
Talvolta, come oggi, vivo ancora momenti in cui la percezione del mio corpo è così vaga da far spavento. Ne seguo i contorni con gli occhi, più e più volte, con la difficoltà atavica di chi non si riconosce. Ed ho l'atteggiamento tipico di chi, da fuori, viene definito un essere superbo e vanitoso. Il tutto mentre cerco semplicemente di capire dentro quale cornice sto vivendo. Quali siano i miei confini, i miei orizzonti, i limiti della mia pelle. Quale sia davvero la casa della mia anima.

Ho comprato qualcosa dopo diversi mesi, avevo bisogno di fare quello che le donne fanno, a volte, quando si vogliono distrarre. Prender cura di sé. Accarezzare.
Un paio di jeans attillati color vino. 
Una canotta dello stesso colore.
Dei pantaloncini di jeans.
C'era gente, troppa. Ce ne siamo andati poco più di un'ora dopo. Abbiamo pranzato in giro, velocemente. 
Durante il viaggio di ritorno ho cercato di imparare una canzone nuova. E ho pensato a mia madre, a mia suocera, a mio fratello, al lavoro di domani, alla guerra, i missili, le bombe nucleari, alla mia vita in generale. La macchina che correva veloce ed io che ormai desideravo solo un caffè.
Oltre i pensieri, un silenzio bellissimo dentro cui rotolarsi. 

lunedì 16 giugno 2025

Coltre

 

L'umidità cala come una coltre sopra ogni cosa.
Ci travolge, non ci fa tirare il fiato.
Se il caldo, qui, non venisse aggravato da questa cappa umida forse potremmo vivere decentemente. Forse. Ma questa è una visione d'inferno.
E allora ci aggiriamo come zombie nelle vie, inerti e inermi, cercando un approdo momentaneo.

Al mattino esco prestissimo ma non c'è aria respirabile.
E allora anche fare sport diventa un lavoro come tutti gli altri, non c'è più quella gioia serena, quel vagare appagante. Siamo ombre irriconoscibili di noi stessi.

Sono stata da mia madre ieri. E' tornata a casa dopo oltre un mese d'ospedale e per la prima volta dopo l'operazione ho potuto vedere la grande cicatrice che ha addosso e che non l'abbandonerà più. Un pezzo di storia, la pagina di un libro, un capitolo che non verrà dimenticato.
Ha dolore, non si muove bene, tutto è diventato complicato.
E in casa c'è sempre un clima estremamente pesante, una coltre che somiglia a quella descritta pocanzi e che ricopre l'umore di tutti, lo riveste come un cappotto di fustagno. 
Le mie ferie non inizieranno prima di due mesi ma il pensiero di passare qualche giorno lì, stavolta, non mi fa stare bene. Mi opprime. 
Anche in passato ho provato questa sensazione ma solo ora riesco a darle un nome, una forma, una rilevanza di cui non voglio provare vergogna. Anche i sentimenti negativi possono, e anzi dovrebbero, essere espressi.

Ieri ricorrevano due anniversari speciali. 
In primis il compleanno del mio compagno. In secundis, ho festeggiato mentalmente dodici anni dal mio trasferimento qui in zona di mare. 
E mai come ieri, mentre ero in casa con la mia famiglia e il nodo in gola si allargava a macchia d'olio, mi sono resa conto di quanto proprio quel trasferimento mi abbia salvata.
Se avessi continuato a viver lì non sarei mai diventata la persona che sono. Che non sono niente di che, figuriamoci, però sono me stessa. Lì dentro sarei perita a poco a poco, dentro il guscio esterno di questa personcina non sarebbe rimasta che amarezza.
Si può volere un mondo di bene alla propria famiglia eppure avere il bisogno di starle lontano per respirare a pieni polmoni. E' tutto molto disfunzionale lì dentro e porre una distanza geografica tra me e ciò che è racchiuso fra quelle pareti è stata la scelta migliore che potessi fare.

giovedì 5 giugno 2025

Pelle



Avevo voglia di scrivere.
A volte succede di avvertirne un'impellente necessità.
Non ho niente di serio da raccontare, in realtà, solo piccole stramberie della mia vita che procede con il solito silenzio e il solito chiasso di sempre.
Poche ore fa ero fuori dal bar che frequento al mattino prima di correre al mare. Dentro c'erano il proprietario e due avventori abituali. Mi sono avvicinata all'uscio, li ho visti osservarmi attraverso le vetrate. Uno di loro ha detto "eccola, la più bella ragazza di X."
Mi guardavano, parlavano di me. Allora ho atteso un po' sulla porta, quasi intimorita da quel commento, ma poi sono entrata, sicura, con un ampio sorriso sulla faccia. E in quel momento si, mi sono sentita bella sul serio. 
Mi piace quel posto, ci sono persone gentili, non invadenti, adulte. Non è un bar di ragazzini, non è un bar di vecchi. E' un bar di gente normale, tranquilla, almeno a quell'ora.
Un caffè veloce, in piedi. Due chiacchiere altrettanto repentine. E poi corro via, non mi si acciuffa mai. Il mare che pian piano inizia ad accogliere gente che fino a dieci giorni fa non c'era. Le spiagge che cominciano a colorarsi di ombrelloni. Io che faccio quello che faccio in qualunque altra stagione dell'anno, con o senza queste persone. Correre, camminare, ascoltare musica, pensare, macinare chilometri, bermi tutto il sole e tutto il mare. Poi torno a casa, sudatissima, una doccia, la vita che si dipana davanti ai miei occhi e che acciuffo senza sedermi mai, in una continua corsa che è la mia vita stessa, credo.

Ho programmato una visita medica per la fine della prossima settimana.
L'orario non è dei più congeniali ma è necessario che venga fatta al più presto.
Maggio è stato un mese complicato, che si è riversato sul mio corpo e sul mio tessuto ormonale come lava incandescente. Ne sono uscita bruciata, letteralmente. 
Ed ora pian piano cerco di toglier via quella pelle rovinata. Soffio gentile sulle nuove cellule candide, provo a riprendere il cammino con una maggiore serenità.