lunedì 18 novembre 2024

Arance

 

Il profumo delle arance mi esplodeva tra le mani, al contrario del sole che via via si faceva più tiepido ed insicuro. Ero lì con papà a raccoglierne a secchi, noi due da soli, immersi in una natura rigogliosa e ancora verde che ci faceva da cornice. Ogni tanto scambiavamo una parola, il mio cuore traboccante di gioia nel vederlo indossare la sua vecchia divisa da lavoro mentre si impegnava in quella cosa lì. 

Una domenica soleggiata, non propriamente calda ma quantomeno mite.
Al mattino eravamo in tre a passeggiare tra il foliage autunnale della strada in salita e i solchi pieni di ghiande cadute nel querceto. Avevo tentato a lungo di fare amicizia con un gattino piombato all'improvviso nel giardino dei miei, ma del tutto invano. 
Eppure secondo mia madre stamattina è lì che mi cerca sotto il balcone come Romeo con Giulietta. Ed io che ormai sono a chilometri di distanza posso solo alzare le spalle.

Il tramonto l'ho guardato nel paese accanto, dopo esser passata tra i vicoli della parte vecchia del mio.
Nel punto più alto l'ho visto emanare tutta la sua forza rossastra, accarezzare il cielo e dipingere le nuvole. Tutt'intorno una pace surreale ancora presente solo in certe realtà così poco vissute. 
Il monte Soratte svettava di fronte ai miei occhi, così familiare, così lontano nella maggior parte dei miei giorni. Ed era tutto così bello, così incredibilmente forte, da farmi sentire una malinconia dolorosa che poi mi ha accompagnato durante tutto il viaggio di ritorno.
Era ormai notte, il traffico era tornato a sbattermi addosso la realtà di una vita molto meno quieta. Le luci rosse e quelle gialle delle auto avevano sostituito i colori della natura e la musica all'orecchio il silenzio di poco prima. Buio ovunque, i rumori dell'autostrada e del raccordo. 
Tra le costole la nostalgia struggente di ogni volta che cala la sera.

domenica 10 novembre 2024

Cose

 

Mi piacciono gli oggetti ma detesto accumularli.
Mi danno un senso di soffocamento.
E' come se prendessero lo spazio che m'appartiene, come se mi privassero d'aria respirabile.
E lo so che per molti è un'eresia, ma se vivessi in una casa piena di ninnoli, di libri, di suppellettili, di quadri appesi, di fotografie, non vorrei starci mai. 
Finirei con affittarne una nuova, semivuota, dove poter vivere senza acchiappapolvere di qualunque specie. 

Perciò questa sera, rientrata prima dal mio giro a causa di questo odioso buio precoce, sono salita sopra e ho fatto ordine. Aperto i cassetti, spalancato ante. Gettato via roba inutile, inutilizzata, inservibile. 
Roba per cui un tempo ho speso soldi che avrei fatto meglio a indirizzare verso viaggi, anche brevi, con cui accumulare esperienze e ricordi anziché stronzate di vario genere.

Ma ripeto: gli oggetti mi piacciono. In un certo senso ne vengo attratta.
E ci sono momenti della vita nei quali sento il bisogno di qualcosa di nuovo con cui trastullarmi.
Solo che poi il trastullo passa, l'oggetto è lì che mi guarda come un addobbo natalizio a marzo ed io ho solo voglia di ordine, pulizia e spazio. 
Negli anni ho razionalizzato sempre di più - a parte questi momenti di cedimento nei quali mi arrendo al consumismo. E razionalizzando ho capito che vivo meglio con poche cose utili, di utilizzo quotidiano, piuttosto che con oggetti di cui non trovo il senso. 

Quando sono scesa e ho gettato tutto quello che avevo da buttare ho tirato un bel sospiro di sollievo.
Improvvisamente mi sono sentita leggerissima. 
Credo che il mare mi piaccia tanto perché non mi schiaccia da nessuna parte. 

martedì 5 novembre 2024

Confini

 

Io nei confini ci credo.
E non parlo di terre, di Stati, di geografia.
Parlo di confini personali.
Credo fermamente nel fatto che ciascuno di noi debba difendere i propri dall'invadenza della gente, dalla mancanza di buonsenso, dagli eccessi che non gli appartengono, dalle domande inopportune, dai gesti impropri, dalla poca sincerità.
Negli anni ho eretto confini alti come mura. Gli ho costruito porte dalle quali uscire liberamente e finestre ampie da cui osservare il cielo.
Una compagnia qualunque non mi è mai interessata. 
Una compagnia qualunque non interessa mai chi sa star così bene anche da solo.

Un tempo non troppo lontano ho sofferto nel vedere persone che non stimavo voler entrare a tutti i costi laddove non erano state invitate. Con violenza hanno cercato di gettar giù portoni, scardinare travi, calpestare aiuole di cui mi ero presa tanta cura.
Lo hanno fatto con tutta la prepotenza di chi pensa d'essere nel giusto o di chi non pensa proprio.

Oggi a lavoro una signora lo ha fatto di nuovo. 
E se i suoi occhi avessero potuto lanciar coltelli, a quest'ora sarei tre metri sottoterra.
Non ho reagito questa volta. Ho preferito che si stancasse e se ne andasse.
Accanto a me c'erano un amico e suo figlio venuti in visita. Erano più arrabbiati di quanto fossi io.
Avrebbero voluto prenderla per il collo e sbatterla fuori di peso.
Ma io me ne sono rimasta immobile, facendomi scivolare addosso la sua pesante invadenza, semplicemente annoiata di doverla ascoltare.
Quando poi se n'è andata, indispettita di non essere arrivata dove avrebbe voluto, ho guardato i miei amici incazzati e ho riso dei suoi vani tentativi di colpirmi.

L'episodio di questo pomeriggio mi ha ricordato che quei confini hanno per me un valore altissimo e che non mi svenderò mai per la curiosità morbosa di qualcuno. Che non sarò mai terra di conquista per chi non mi piace. E soprattutto, che son cresciuta. Non ho graffi oggi, neanche uno. Non mi sono lasciata scarnificare. 

giovedì 31 ottobre 2024

Gioie

 

Sulla strada un odore di vernice fresca. 
Operai in tuta arancione si contendono l'asfalto con le automobili sfreccianti del mattino. 
Cammino silenziosa a ridosso degli alberi del viale osservando come il marrone rossastro delle foglie sappia dipingere i rami e i mattoncini chiari sotto i miei piedi. 
E' una giornata particolarmente mite, primaverile. Eppure la notte è stata fredda e ieri sera la nebbia ricopriva il mondo intero come una coltre.
Osservo le mie unghie color ciliegia risplendere al sole e sorrido per questo vezzo tutto femminile che non fa male a nessuno e rende felice me, la mia bambina interiore, quel gioiellino grezzo che mi vive dentro. 

Incontro persone che conosco ma stavolta non ci fermiamo a parlare. Simone è in terrazzo che guarda la sua spiaggia, parla con un uomo che mi volge le spalle. Ci salutiamo da lontano mentre atterro sulla sabbia con entrambi i piedi, felice di scappare dal mondo, dalla civiltà. Felice di essere con questo mare calmo e vuoto, con le navi all'orizzonte, con i piccioni che si contendono lo spazio coi gabbiani.
Non c'è nessuno che cammina sul bagnasciuga oltre me. Un uomo e una donna siedono in balcone. Il palazzo è di quelli brutti, rovinati, mangiati vivi dalla salsedine.
Poco più in là alberi di fiori bianchi costeggiano la villa color pervinca che mi piace sempre guardare, la circondano tutta come un muro di cinta.
E' così bella che non riesco a staccare gli occhi. Non so se ci viva qualcuno, chi la custodisca durante l'anno. Solo una volta in molti mesi ho visto una donna prendere il sole su un lettino e mi sono immaginata lì anche io, in quello stesso spazio. Mi sono immaginata svegliarmi sorridente, fare colazione lì in riva al mare senza neanche preoccuparmi di vestirmi.
Mi sembra che quella casa sia la mia casa anche se non c'ho vissuto mai.

martedì 29 ottobre 2024

Mostri

 

C'è un problema evidente nella comunicazione tra esseri umani.
Ciò che viene scritto o detto non viene quasi mai compreso per ciò che realmente si voleva intendere.
Anche un messaggio che a noi sembra banale o scontato viene recepito in dieci modi diversi e il più delle volte non ce n'è uno che si avvicini alla realtà delle cose.
Questo un po' mi scoraggia.
Io sono un tipo che già parla così poco, mi passa la voglia di farlo completamente.
A cosa serve? 
Che utilità può avere parlare o scrivere di qualcosa che poi non viene compreso?
Se il sentire altrui influenza in modo tanto profondo le mie parole, che vengono poi contaminate da esperienze che non mi appartengono, ha davvero senso che io provi a farmi capire?

Comunque stamattina leggevo, di sfuggita perché ero di gran corsa, la notizia dell'ennesimo assassinio ai danni di una donna. Peraltro giovanissima, stavolta. Parliamo di una bambina di tredici anni.
E l'assassino un ragazzetto di quindici.
Sono sempre più spaventata e schifata da questo mondo che genera mostri.
E stavolta la parola che voglio usare è proprio quella: mostro.
Non è gente che non capisce, che sta male, che ha problemi. E' gente marcia, che fa schifo, che nasce già putrida. E per me non esiste possibilità di redenzione, di recupero, figuriamoci di perdono. 

venerdì 25 ottobre 2024

Im-Perfect

 

Ieri mentre uscivo in veranda a pulire i tavoli un cliente guardandomi ha detto al suo amico, lì vicino, "guarda che fisico. E' perfetta." Ho ascoltato ma non ho detto niente.

Rientrando mi sono soffermata davanti ad un frigo colmo di bevande. Lo sportello mi rimandava la solita immagine che conosco bene ma che non comprendo, che da anni non so recepire.
E' un tassello mancante, il solito pezzo di puzzle che non si trova da nessuna parte, per quanto lo si possa cercare.

Sono davvero perfetta? per chi, per cosa?
Con questo involucro ci litigo da anni e mi vien da dire da sempre.
E da quando quasi cinque anni fa mi sono ammalata per la seconda volta nella mia vita di anoressia nervosa, pur essendone guarita, mi sono rimasti strascichi che non ne vogliono proprio sapere di andarsene.
Uno di questi è il non saper più stare ferma. Non riesco a concepire il riposo, l'ozio, il mio corpo fermo da qualche parte. Non riesco a pensare di meritarlo e se non mi muovo sto male.
L'altro è la dis-percezione corporea. 

Ho passato anni ad osservare il corpo delle altre donne come uno specchio, solo per capire di quale forma fossi fatta io. Ho passato anni a fotografarmi per riuscire a vedermi. Ho interi album di foto che mi ritraggono, foto che a una persona superficiale e disattenta potrebbero sembrare solo vezzi, fanatismi. E invece sono miti e spesso vani tentativi di capire che forma abbia questo involucro che mi contiene perché la verità, autentica e sincera, è che l'unica parte di me che conosco davvero è il viso. 
Il resto del mio corpo è immerso in una nebbia e nel 90% del tempo io non ho idea di come sia fatto.
E non è qualcosa che stia raccontando con tristezza o per una ricerca di comprensione che non arriverà sicuramente. Lo racconto come racconto del mare, del cielo, della terra, dei miei fiori sul terrazzo. 
Come un dato di fatto. Nudo, crudo, imperfetto.

giovedì 24 ottobre 2024

D'Autunno



L'autunno ulula fuori da questa finestra.
Ma più che un ululato è un gemito, una richiesta d'affetto, un gesto di tenerezza, un abbraccio.
Piove incessantemente da due giorni ma lo fa senza drammi, con una cadenza ritmica e regolare, quasi dolce. 

Ho passato la vita a odiare questa stagione, a farmi male nell'attesa, a provare dolore per la sua cupezza.
E ora invece me ne innamoro a poco a poco, come si sa fare solo da adulti, in contemplazione.
Merito di queste giornate dal clima ancora mite, a volte fin troppo caldo, ma tuttavia piacevolissime. E di questi colori caldi che si insinuano giorno dopo giorno, lentamente, senza eccessi. Per poi esplodere più in là, forse tra un mese, come una bomba.

C'è una poesia di Hikmet che mi torna in mente all'improvviso, mentre scrivo. 
Fotografavo foglie accanto ai miei piedi, appena ieri. Le fotografavo sulle vie, persino in mezzo alle automobili in febbrile corsa. E vi trovavo una bellezza autentica, non effimera, non falsa. 
Vorrei starmene un giorno intero in mezzo ai boschi a studiare il foliage come fanno gli astronomi con le stelle in cielo. 

Veder cadere le foglie mi lacera dentro
soprattutto le foglie dei viali
soprattutto se sono ippocastani
soprattutto se passano dei bimbi
soprattutto se il cielo è sereno
soprattutto se ho avuto, quel giorno, una buona notizia
soprattutto se il cuore, quel giorno, non mi fa male
soprattutto se credo, quel giorno, che quella che amo mi ami
soprattutto se quel giorno mi sento d'accordo con gli uomini e con me stesso
veder cadere le foglie mi lacera dentro
soprattutto le foglie dei viali dei viali d'ippocastani.
(NAZIM HIKMET)