lunedì 6 ottobre 2025

Scintille



C'è una frustrazione palpabile, che si sente addosso come una mano posata su una spalla o un cappotto pesante quando ancora non fa abbastanza freddo per indossarlo.
E' la sensazione di voler scrivere quando non c'è un argomento, un filo conduttore, un'idea vera. 
Ce ne sono diverse e le vedo sprizzare dalla mia testa come le scintille di un fuoco artificiale. Ma sono troppo veloci, troppo belle e colorate per poterle tenere in mano, per volerle trattenere.
Allora le vedo andar via, rivestire il cielo per qualche secondo, poi scomparire con un alito di fumo. 

E' venuto ottobre, ho visto settembre andar via scontento, come chi volesse rimanere ancora un po'.
Non so quanto ottobre abbia intenzione di restare, son già passati sei giorni e mi son sembrate solamente sei ore. Dove finisca la vita io proprio non lo so, più tento di acciuffarla e più mi sfugge.
Forse per questo fotografo ogni cosa che mi colpisca, tento di tenermi addosso quello che vedo, che sento, che percepisco, che mi attraversa.
Ci provo con tutta me stessa, mai sazia.

lunedì 29 settembre 2025

Sfumature

 


E' stata una domenica di colori intensi, di belle emozioni.
Ma di tempi stretti, strettissimi. 
Solo tre ore insieme a loro. Dopo tre settimane.
Solo tre ore. 
A volte ti chiedi come poter addensare in così poco tempo tutto l'amore che vorresti dargli, le parole che vorresti dirgli, gli abbracci che non puoi mai dargli.
Ma non fai niente. O fai poco. Perché il tempo ti scivola tra le dita senza che tu riesca a percepirlo a fondo. E allora te ne vai, torni a casa tua. Le tue mura, i tuoi oggetti, il tuo cuscino, le tue sicurezze.
Il mare, un cielo che sembra dipinto, la sabbia più scura, poca gente intorno, voci lontanissime oltre il frastuono della musica che ti appoggi alle orecchie.
Ti senti disorientata dalle cose da fare, quelle da pensare, le scelte che dovresti fare, il tempo che scorre e che a volte ti sembra di sprecare.
Anche se lo riempi tutto, se lo impregni di cose come una spugna colma d'acqua. 

C'era qualcosa di malinconico in quel cielo di sfumature meravigliose.
Un giorno che andava via, che andava a finire nel passato solo pochi secondi dopo averlo vissuto. 
Ti sembrava di doverlo inghiottire in fretta, senza percepirne il sapore, solo per non vederlo scappare via e lasciarti così sola e inerme, di nuovo.

mercoledì 24 settembre 2025

Bolle di Sapone



Soffro di tachicardia in questo periodo ma continuo a bere i miei due caffè al giorno, per cui, come al solito, chi è causa del suo mal pianga sé stesso.
Non che sia colpa del caffè, ma è indubbio che limitarlo ancora mi sarebbe d'aiuto.
E se il caffè non fosse diventato il mio attimo di rifugio e di quiete riuscirei a rinunciarvi, ma poiché associo a quei due minuti un inestimabile piacere, dubito che ne vorrò mai fare a meno. 

Sono stati giorni durissimi, un intero mese intriso di difficoltà lavorative che mi hanno instillato stress direttamente in vena. Goccia dopo goccia, come un veleno.
Le cose pian piano si stanno risolvendo, potremmo dire che ne siamo venuti a capo, in qualche modo.
Ma quello stress è ancora lì, fatica a defluire, lo assorbo male come un'anestesia.

Sto trascorrendo molto tempo da sola, il silenzio mi logora meno della compagnia altrui.
Questo clima che si avvia verso l'autunno, questi cieli di nuvole basse, questi uccelli che si muovono in centinaia, questa brezza leggera... tutto mi fa propendere ad una ricerca di fuga che fa parte dell'anima mia quanto la fotografia, il mare, la voglia ed il bisogno di stare da sola.
Esaurisco buona parte della mia socialità a lavoro, parlando con tante persone al giorno, prestando loro sorrisi, attenzione, partecipazione.
E anche tante parole inutili di cui farei a meno. Parole pronunciate, parole ascoltate.
Quando torno a casa resetto tutto, provo a portarmi fuori di lì.
Mi sento librare come una bolla di sapone: leggera, bellissima, distante. E sempre pronta a scoppiare.

martedì 16 settembre 2025

Buco Nero




Ho camminato a lungo, da sola.
Non ho ricordi nitidi del percorso intrapreso.
Ricordo il mare, le nuvole, la spiaggia deserta, il caldo addosso, la voce di mia madre al telefono.
Ha parlato molto, faticavo a starle dietro.
Volevo scappare. 
Dalle sue parole, dal telefono che dovevo tenere in mano, dai pensieri che s'agitavano dentro e non mi lasciavano respirare.
Più volte l'ho salutata e l'ho sentita riprendere il discorso per trattenermi.
E più dovevo fingere di voler parlare, più la gola mi si strozzava e il respiro si faceva pesante.
Mi sentivo intrappolata in una telefonata che non finiva mai, quando l'unico desiderio di quell'istante era una solitudine piena fatta di silenzio, di lacrime che potessero scendere liberamente.
Ha accettato già da alcuni giorni il fatto che non abbia voglia di raccontare i miei problemi.
Sa che ci sono, non me ne chiede più i particolari.
Attraverso lo schermo avverto la sua preoccupazione ma non la so lenire, così come non so calmare la mia.
Arranco, procedo, vado avanti, a volte inciampo da qualche parte.
Faccio tutto quello che devo fare, poi alla sera la stanchezza e qualche pastiglia provano a gettarmi dentro il buco nero del sonno, l'unico posto sicuro in cui sostare.  

Ieri pomeriggio il piccolo Edoardo si è fatto prendere in braccio, finalmente.
Da me si sente attratto ma poi spaventato da chissà cosa si rifugia sempre tra le gambe del giovane nonno.
In queste settimane ho cercato, pian piano, di guadagnare la sua fiducia. Mi sorride, mi manda teneri baci con la mano. Poi intimidito si volta e poco dopo i suoi occhioni tornano a guardarmi.
Il suo corpicino caldo contro il mio mi ha rimesso in sesto il cuore, almeno un po'. 

domenica 14 settembre 2025

Il Filo di Perle

 


Era notte fonda ma ero sveglia. 
Con gli occhi serrati pensavo a tante cose senza riuscire a metterne in ordine alcuna.
Ero un filo di perle che si spezza all'improvviso. Le vidi schizzare ovunque senza un ordine logico ed ebbi la certezza che non sarei più riuscita a rinfilare la collana così come era originariamente.
E all'improvviso, in mezzo a quell'intreccio di pensieri molesti, tornò quello di Cri. La sua malattia, la  morte prematura poco dopo aver compiuto 19 anni. Le nostre facce prostrate, i volti scavati, le lacrime atrofizzate da qualche parte dentro gli occhi.

Ad agosto, all'interno di un piccolo forno in cui l'odore del pane permeava ogni scaffale,  parlai con una donna che conosce sua madre.
Mi ha confermato quello che ho sempre immaginato in questi anni, tutte le volte in cui ho pensato a lui. 
Non vive più, è morta dentro, pesa 40 chili, si lascia sfinire su una poltrona affacciata sulla camera scura dove lui dormiva.
Me la ricordo quella casa. Cri era già malato quando andammo a trovarlo.
Aveva un pastore tedesco che lo seguiva ovunque. Passammo un pomeriggio spensierato, nonostante tutto.
Sua madre era una bellissima donna all'epoca. Longilinea, alta, riccioluta, coi capelli color rame.

Nella notte il pensiero delle lacrime sgorgate fuori dopo il colloquio al panificio me ne ha portate altre.
Copiose, silenziose, durissime e salate.
Poi i brividi hanno ricoperto la mia pelle per intero. Per potermi riaddormentare ho dovuto ritornare con la mente a quel sogno in cui lui sorrideva, felice, in giardino, con la sua felpa preferita addosso. E mi diceva: tranquilla, io adesso sto bene. Lo vedi? io sto bene. Sono felice.
A volte ci si deve convincere di qualcosa di significativo per andare avanti. Avrei tanto voluto per quella madre un destino meno avverso.

martedì 9 settembre 2025

Amache Bianche



Giù di corda, pensieri che si accavallano fino a strozzarmi.
Ho il mare, certo. E lì mi rifugio spesso, ogni volta che posso.
Mi confondo coi gabbiani, le nuvole basse, i legnetti sulla sabbia, lo sporco che gli incivili lasciano in giro. Mi sento parte del tutto, a volte parte di niente. 
Settembre è un bel mese per scomparire, mimetizzarsi con l'assenza di gente sul bagnasciuga.
Se ne sono andati tutti, la pace ora è assoluta.
Mi sono fermata a bere un sorso d'acqua in uno dei chioschi ancora aperti. Amache bianche, soffitti di paglia, lanterne appese, tendaggi di lino. E nessuno intorno. Nessuno.
Solo un vecchio pescatore venti metri più giù.
Fra una settimana questo stesso chiosco sarà chiuso e non ci saranno appigli. Sarò sola davvero.

Sono arrabbiata con mio cognato e con quelle dannate responsabilità che non si prende.
Che lascia costantemente sulle spalle del fratello, incurante di quanto graverebbero meno se potessero essere un po' meglio distribuite.
Sono arrabbiata anche con me stessa che forse avrei potuto fare di più o farlo meglio.

Le nuvole scendono ancora. La brezza che stamattina non c'era adesso s'alza appena appena.
C'è una cappa umida sopra le nostre teste, un'afa che mozza il respiro.

giovedì 4 settembre 2025

Cieli



I cieli di settembre hanno un fascino particolare, che poco sembrano spartire con i cieli degli altri mesi dell'anno.
Sono cieli di nuvole che si rincorrono, di colori opacissimi che si spengono o, al contrario, succosi come melagrane mature. Alla sera, dopo il lavoro, resto cinque minuti in terrazzo e lo osservo mutare come farebbe un camaleonte.
A volte mi piacerebbe che il mio compagno lo guardasse insieme a me.
Non uno sguardo e via. Parlo di una presenza totale, intera, completa nel momento.
Ma a lui del cielo non è mai importato nulla.
E' sempre lì, dice. Come il sole, l'alba, il tramonto, il mare.
Nulla di queste meraviglie sembra interessargli, piacergli, emozionarlo.

Il giorno in cui mi accorsi che il tramonto non gli faceva tremare gli occhi fu per me una doccia gelata.
Sono passati anni da quella sera di fine estate ma la ricordo come se fosse ieri.
Il belvedere illuminato. Le persone tutt'intorno. Le lacrime che velavano i miei occhi.
Era un tramonto magico, di quelli che non puoi ignorare. Mi sentii vibrare dentro ogni corda, c'era una commozione sottile che mi pervadeva completamente.
E lui nulla. Il gelo più freddo ed assoluto che si possa percepire.
"Ma non ti emoziona?"
"No."
Ed era sincero.

Mi si ruppe qualcosa dentro in quel momento. 
Qualcosa che non sono più riuscita a ricucire. 
Ho messo pezze su tante cose e sono certa che lui abbia dovuto farlo molte volte con me.
Però quel giorno per la prima volta m'accorsi che avevamo l'anima differente, che parlavamo due lingue incompatibili, lontanissime, fatte di caratteri che non conoscevamo.
Puoi amare tanto di una persona ma riconoscersi nel profondo è un'altra cosa. E allora adesso so di non averlo mai compreso sul serio e che lui non l'abbia mai fatto con me.

Non è un'accusa, un lamento, l'indignazione stupida che arriva dopo così tanto tempo.
E' la resa dei fatti, l'accerchiamento di una sensazione nuda e cruda. La descrizione povera e priva di giudizio di un'ovvietà.