lunedì 22 dicembre 2025

Fili

 


Improvvisamente la musica si è spenta e non ha voluto saperne di ripartire. 
Sembrava tutto a posto, eppure non funzionava più.
Dunque ho tolto le cuffie, messo via il telefono. 
E ho dovuto gironzolare per il mondo sentendo i rumori che avevo intorno. 
Non avevo più modo di isolarmi, di mettere una barriera tra me e quello che accadeva al di fuori.
E allora sentivo le foglie scricchiolare sotto i piedi.
Il traffico delle strade.
I clacson.
Gente che gridava da qualche parte.
Gli operai nei cantieri.
I frullini, i martelli, le scarpe sui ponteggi.
Dovevo essere presente, dopotutto. 
Esserci con tutti e cinque i sensi e non solo quelli che decidevo di utilizzare.

Mi sono fermata ad osservare le luci natalizie nei giardini, ieri sera.
Il tramonto si era già dissolto, il grigio delle strade si confondeva con quello del cielo.
E tutt'intorno facciate illuminate, alberi le cui foglie erano state sostituite da fili luminosi. Finestre dietro le quali immaginavo vite che non conoscevo, bambini che aspettavano già dei regali imminenti.
Avrei voluto anche io un lungo filo di luci a costeggiare il mio intero terrazzo.
E vetrofanie innevate da attaccare in ogni stanza.
E un albero molto più alto di quello che ho potuto concedermi.
E altri pupazzi sulle scale, sui mobili. Gnomi, babbi, folletti.
E altre tazze per il tè oltre le molte che ho già.
E altri cuscini rossi e bianchi.
E altri fili argentei.
E nuovi peluche.
E poi, non so. Non so perché mi sia preso così, quest'anno.
Tutto questo bisogno di artifizi che mi facciano sentire un po' di calore, dentro, in quel posto sommerso in cui sento freddo.

sabato 13 dicembre 2025

Rarefatto

 

Questa mattina il cielo era bianco e rarefatto. 
Un'umidità leggera impregnava l'aria increspando i miei ricci scuri. 
Sul mare calmo, dove neppure un'onda sottile viaggiava lieve, piccole imbarcazioni si contendevano l'orizzonte.
Era un orario diverso dal mio abituale. E infatti c'era gente dove solitamente vago sola e pensosa.
Come me passeggiava lenta godendo quel poco calore che arrivava, quasi come una benedizione, dai rari raggi solari che ci si scioglievano addosso.
Avevo l'ardire di pensare che il cappotto lungo che avevo indossato potesse regalarmi una qualche sorta di invisibilità. Forse era così che volevo sentirmi, una macchia in mezzo ad altre macchie, niente che si dovesse osservare con cura. 
E invece mi guardavano, sentivo addosso gli sguardi della gente. Sguardi che non ricambiavo, del tutto incurante di quello che mi accadeva intorno.
Sentivo la vita brulicare su quelle mattonelle del lungomare ma come spesso mi succede, io ero altrove, non so neanche dove, ma non ero lì in mezzo a loro.
Mi accorgevo del mare, dei gabbiani che volavano rumorosi sulla mia testa, dei cani che si rincorrevano sulla sabbia. Ma della gente no, come se fossero presenze di cui potessi fare a meno. Le nostre vite non si stavano scontrando, eravamo solo nello stesso luogo, ciascuno immerso nei pensieri suoi.

E poi improvvisamente, del tutto inaspettato, il sole sbucò potente da una di quelle nuvole fitte colorando d'oro tutto ciò che avevo intorno.
Sorrisi.
Una canzone triste mi si appoggiava alle orecchie. La spensi.
Non volevo avere niente a che fare con la malinconia.


"Una morte dolce.
Come una mosca che affoga nel miele."
(cit).

mercoledì 10 dicembre 2025

Mezz'Ora di Sole



Una stanza bianca, vuota, ampia.
Il sole che filtrava attraverso una grande porta-finestra.
E noi tre lì in mezzo, ad abbracciarci, condividendo un momento di commozione che personalmente non dimenticherò più.  
Ci sono traguardi che vanno festeggiati. Anche senza brindare, se non si hanno ancora neppure i bicchieri.
Conta la presenza delle persone che amiamo, a cui vogliamo mostrare qualcosa di nostro, ottenuto con immensi sacrifici.
Mio fratello è un uomo molto duro ma in quel momento piangeva ed io con lui. 

Il Natale si avvicina.
E il Natale può essere un momento di ricordi brutali, di dolori immensi, di mancanze atroci.
Tutto sembra amplificarsi in questo periodo, crescere a dismisura come una quercia in una foresta.
Bisogna aggrapparsi ai momenti in cui c'è il sole in mezzo alla stanza. 
Distendersi lì, soli o in compagnia, a riscaldare le membra atrofizzate. 
Farsi scaldare da quel calore. Non pensare al gelo.

lunedì 1 dicembre 2025

Un Piccolo Albero

 

Erano anni che non addobbavo un albero di Natale qui in casa mia.
Troppo piccola per contenerne uno di dimensioni accettabili. 
Ci sbattevamo addosso, lo facevamo cadere, le palle colorate volavano ovunque, il rumore del tonfo che faceva cadendo mi sballava i nervi. 
E allora basta. Un taglio netto.
Solo che poi, anno dopo anno, quella mancanza mi scavava dentro.
Come se avessi perduto l'unica tradizione che mi piacesse realmente, che mi faceva stare bene in questo periodo in cui il calore degli affetti si scontra con sensazioni più ostili come la tristezza, il freddo, l'ansia sociale, i pacchetti da acquistare, i sorrisi da sfoggiare anche quando non sai dove andarli a pigliare.
E allora l'ultimo giorno di novembre, senza dir niente a nessuno, sono andata a cercare un albero bellissimo che potessi appoggiare sulla scala a chiocciola in legno, di fronte all'entrata, senza crear disturbo.
Piccolino ma meraviglioso.
Ero già piena di addobbi, mi mancava solo l'elemento essenziale.
E quando l'ho alzato tra le braccia, quando ne ho osservato i rami fitti, quando ho capito che era proprio lui... sono corsa a pagarlo, l'ho portato a casa, il mattino dopo l'ho preparato... e poi, guardandolo, finalmente, mi sono sentita felice. 
Un pezzo di me se ne tornava al suo posto dopo anni a cercare di accettare un'assenza che mi rimpiccioliva a poco a poco.
A volte basta solo un po' di buona volontà.
O l'idea che esistano dei compromessi a cui poter scendere senza avvilirsi.
Anche il resto dell'ambiente principale di questa piccola casa è già stato decorato a dovere. 
Posso fare in modo di circondarmi di cose belle che mi tengano tranquilla.
Serena. 
E che il Natale mi entri dentro a poco a poco, senza farsi largo a grosse spinte, senza mandarmi in apnea. 

lunedì 24 novembre 2025

Fluttuare

 

Detesto questa stagione, il modo in cui l'umidità mi entra nelle ossa. Questa pioggia battente, questo cielo bianco-grigio, queste strade inzuppate, questo asfalto nero pece.
Ieri c'era il sole, ero in campagna, la natura vibrava di colori caldi e confortanti, il freddo sembrava meno gelido, nell'aria c'era un'allegra vibrazione.
Ma oggi tutto sembra così piatto ed insulso, così respingente, ostile.
Piove da ore, sembrano giorni interi, settimane di buio incomprensibile.
Il tempo si dilata fino a morirci dentro, fino a fluttuare come in una stanza priva di gravità. 

lunedì 10 novembre 2025

Foglie Sparse



Sono andata a vedere l'autunno, come si entra in un museo per guardare quadri che si erano osservati solo sui libri d'arte.
Avevo voglia di lasciarmi assorbire da atmosfere calde, avvolgenti. Voglia di una natura che mi stringesse a sé, che si facesse calpestare scricchiolando. 
E quando son finita su quella piazza, ricolma com'era di foglie rossastre a farmi da tappeto, mi sono sentita in un pezzo di mondo che m'apparteneva, che mi poteva voler bene.
Ho fotografato. Ho sorriso. Ho corso. Ho osservato. Ho toccato.
Mi sono sentita felice. 
Questa fuga in mezzo all'autunno è durata appena due ore. E che cosa sono due ore nell'arco di una settimana intera a correr dietro a mille doveri?
Niente, se ci pensiamo.
E invece son state tutto. 

C'erano sedie e panchine su cui avrei potuto sedermi.
Ma io quei colori li volevo attraversare, gli dovevo camminare incontro. E dentro.
E l'ho fatto. Incredibilmente a mio agio.
Così quando poi me ne sono andata mi sentivo sazia. Avevo preso tutto quello che c'era da prendere, come se mi fossi ricaricata le pile e dunque potessi tornare alla solita vita, un po' meno stressata di quando ero arrivata.

martedì 4 novembre 2025

Un Centinaio di Fotografie

 

Avrei voglia di viaggiare un po'.
Di preparare una valigetta - proprio io che ci impiego una giornata intera perché mi stizzisco ogni 3x2, mi distraggo e non so mai cosa metterci dentro.
Quindi prendere armi e bagagli e, semplicemente, dirigermi altrove.
Un posto in cui vi sia tanta natura. 
Che non necessiti di un lungo viaggio. 
Dove possa facilmente accedere anche alla civiltà, perdermi tra le vie del centro, fermarmi a guardare le vetrine. 
Poi dormire su un letto comodo, fare una colazione lunghissima, bere due tè diversi, mescolare la frutta con lo yogurt, osservare gli altri avventori e i lampadari e il personale di sala. E i pavimenti lucidi. E una reception ordinata.
Quindi uscire di nuovo, vedere alberi altissimi, calpestare foglie scricchiolanti, coprirmi se ho freddo, sorridere agli sconosciuti, comprare un libro di poesie, scattare un centinaio di fotografie.