giovedì 29 maggio 2025

Altrove

 

Una donna nera, vestita d'azzurro, se ne stava seduta su un tronco, poco distante dal mare.
Lo osservava silenziosa attraverso gli occhiali scuri. 
Non si muoveva.
Guardava, pensava, chissà dov'era la sua mente.
Se era davvero il mare, che vedeva così assorta, o altri luoghi, altre facce, altri momenti già vissuti.
Non sembrava felice. Neppure triste, in realtà. 
Però dubbiosa, seria, forse arrabbiata...questo si. 
Le sono passata davanti, credo non m'abbia neppure notata. 
E a me piace essere invisibile, a volte, sgattaiolare via come se la mia presenza non fosse altro che un alito di vento capace di scompigliare capelli e nulla più. E invece sono il tipo che si osserva, che ci si ferma a guardare. Non sono mai passata davvero inosservata, neanche un giorno da che sono diventata donna. 

Macino chilometri di cui stento a rendermi conto e che vorrei non finissero mai.
A volte penso che camminando potrei andare ovunque, non fermarmi, ricomparire dopo giorni come se nulla fosse accaduto.
Un po' di musica, le mie gambe, i miei piedi, il corpo che sotto il sole ricomincia a sudare.
La pelle chiara che arrossisce con facilità, quei vecchi occhiali neri che non riesco a cambiare. 
Mi sono seduta su un divanetto bianco, sotto le palme. Ho bevuto qualche sorso d'acqua. C'erano due coppie, poco oltre.
Mi sentivo un po' sperduta e sola, come mi sento sempre quando ho le mestruazioni.
Col sangue non se ne vanno mai i malumori, anzi è il sangue stesso a farli venire, a mescolarli a pensieri più quieti, per contaminarli.
Riprendo quel pensiero di andar via e tornare dopo un po', ma quando mai una persona se ne può scappare via per qualche giorno senza avvisare? E anche se avvisassi, potrei davvero andar via? ci sarebbe sempre qualcuno cui render conto, a cui raccontare dove, come, perché. 
E invece io in giorni come questo vorrei andar via e basta, senza una meta, un pensiero, una destinazione definita. Vorrei solo la mia assenza qui e la mia presenza altrove, un altrove qualsiasi che m'accolga, mi prenda con sé, mi dica che va tutto bene.

lunedì 19 maggio 2025

Tempo Vago

 

Una grossa pianta di ciliegie gremita di puntini rossi.
Foglie verdi, rigogliose, vivaci, che a guardarle dal basso si stagliavano su un cielo azzurro coperto di nuvole bianche. Ed io lì sotto, incantata, felice. 
Ne prendevo a piene mani, un po' ne mangiavo, un po' le riponevo nella busta che mi ero portata appresso. Non c'era vento e il sole andava e veniva con la stessa rapidità con la quale ingoiavo quelle delizie.
Immersa com'ero in quel momento felice ed appagante, quasi non mi resi conto dell'arrivo di mio padre, che poco dopo era lì di fianco, ad accompagnarmi in quella scorpacciata.
Un po' ridevamo, un po' ci raccontavamo cose buffe, un po' mangiavamo in silenzio.
Dieci minuti che forse erano mezz'ora, non saprei dirlo. Il tempo è un concetto vago in certi momenti, più che in altri. 
Quell'allegra compagnia semplice sotto il ciliegio mi ha ricordato altri giorni, altre epoche.
Ero solo una bambina, allora.
Con mio zio ci incontravamo intorno alle quattro del pomeriggio e facevamo merenda insieme. Gli alberi erano due e li prendevamo d'assalto entrambi. Ogni volta poi ci divertivamo a decretare quali ci fossero piaciute di più. A volte vincevano le sue, grandi e croccanti. A volte quelle di zio Valentino, più piccole e vermiglie. Ma in fondo l'importante era stare insieme, goderci quegli attimi di assoluta pace in cui l'affetto reciproco ci attraversava lieve e silenzioso.
Ho due ciliegie sulla caviglia, oggi. Le ho tatuate lì due anni fa.
Penso mi ricorderanno sempre di quei giorni. Della bellezza autentica e gentile in cui ho avuto la fortuna di crescere.

Con papà abbiamo poi risalito la terra. Cammina male ma non si lamenta. Non c'è neanche stato bisogno che si appoggiasse a me. 
Ho preparato il pranzo, pulito la casa, fatto il caffè, servito il gelato a tutti.
Quando me ne sono andata mi sentivo stanca. Non riposo da Pasqua, credo.
Ma ora come ora mi è impossibile non correr lì la domenica e in fondo voglio farlo, so che glielo devo. 
Mamma gli manca, si aggira sperduto fra la grande casa e il giardino, si avvilisce cupo come un salice piangente. Allora con il mio compagno andiamo lì, gli portiamo un po' di chiacchiere e di compagnia, lo vediamo riprendersi per qualche ora, farsi di nuovo arzillo e contento, riprendere un po' di vitalità. 

giovedì 15 maggio 2025

Cicli

 

Il periodo è di quelli carichi di stress, tanto da inficiare in maniera sostanziale sul mio sonno, che è ormai andato a farsi benedire.
Credo siano passati almeno dieci giorni dall'ultima notte tranquilla e serena. 
Il che coincide con il tempo in cui l'iter per il trasferimento e l'operazione di mia madre sono iniziati.

Mi piacerebbe saper prendere le cose con maggiore calma.
Distacco.
Ma io non sono quel tipo di persona lì né penso di poterlo diventare, improvvisamente, proprio ora.
Anche se fuori, tutto sommato, appaio sempre sorridente, dentro s'agita un turbinio di emozioni che inficia su quelle che sono le naturali predisposizioni del mio corpo.
E così persino l'ovulazione è diventata complicata, con sanguinamenti sgraditi che vanno avanti da tre giorni.
Le cose in fondo si stanno pian piano sistemando, alcuni tasselli stanno raggiungendo il loro posto.
Mamma sta benino, dottori ed infermieri sono meravigliosi e la stanno aiutando molto e con dolcezza, che era proprio ciò che auspicavo.
E allora forse anche il mio corpo riprenderà i suoi cicli naturali. 

Ieri è passato a trovarmi un caro amico ligure. 
Una persona speciale, di quelle che s'incontrano poche volte nella vita. Con una visione generosa, altruista, sensibile dell'esistenza.
Abbiamo parlato a lungo, camminando per chilometri sulla mia spiaggia. Lui vive una situazione sentimentale particolare, di quelle che non ho mai creduto davvero possibili. Ma il suo sistema di vedere e provare quel sentimento, nel modo più platonico ed esclusivo possibile, mi fa pensare che i rapporti umani siano davvero imperscrutabili e sempre differenti. Che ciascuno di noi vive la vita e il suo mondo interiore in maniera diversa da tutti gli altri. Che siamo tutti uguali, in fondo, ma dentro no, dentro mai.
Dentro siamo universi destinati a non comprendersi quasi mai per davvero, tali sono le distanze che ci separano. La comunicazione ha delle falle evidenti: per quanto si possa parlare, fare, intuire, ciascuno conosce veramente solo ciò che è in prima persona. Tutto il resto può essere compreso in minima parte, marginalmente, nel modo più superficiale che esista. 

lunedì 5 maggio 2025

Caselle

 


Ero immersa fra i papaveri proprio ieri.
Svettavano tra il verde, irriducibili e fieri, rossi come il sangue, vivaci e soavi quanto le farfalle. 
Ero serena.
Mamma dopotutto mi era sembrata abbastanza tranquilla.
Con mio fratello abbiamo ricontrollato ogni cosa.
Documenti, abiti da portare, la valigia. Tutto quello di cui avrà bisogno così lontana da casa.
Cercheremo di farla riavvicinare non appena le sarà possibile affrontare un nuovo viaggio, quando potrà restare in piedi il tempo necessario per un trasporto sicuro, anche se durerà ore.
L'ho abbracciata a lungo quando me ne sono andata.
Con la coda dell'occhio ho visto mio fratello commuoversi. Quella scorza dura frantumarsi fragilissima sotto il peso dell'emozione. 
E' stato un momento toccante, che tutti conserveremo da qualche parte, sotto i vestiti, dentro la pelle, tra i tessuti muscolari.
Papà sorrideva, la preoccupazione sembrava lontana. Proprio lui che è generalmente così ansioso, sempre in tensione. 

Fuori il sole si nascondeva e il traffico di ritorno è stato estenuante ma prevedibile. 
Dopo esser tornata a casa e aver sistemato la spesa, sono uscita nuovamente. Volevo mettere in caselle più ordinate quello che era successo, volevo posizionarlo al suo posto come avevo fatto con la merce nelle buste. L'ho disposto in file di pensieri ordinati, ho camminato senza accorgermene, non ricordo neppure di aver visto persone, cose, automobili, giardini. 
E quando sono rientrata tutto era stato ridimensionato e io stessa potevo dirmi quieta.

giovedì 1 maggio 2025

Vent'Anni

 


Il mio mese di maggio è iniziato alle quattro del mattino.
Svegliata improvvisamente, come spesso mi succede, non sono più riuscita a riacciuffare il sonno.
E allora due ore dopo, sebbene stavolta non ci fosse una sveglia a tediarmi, non ho potuto fare a meno di alzarmi, con un pesante mal di testa che neanche una buona colazione in silenzio è riuscita a scacciare via.
E poi sono arrivati gli scatoloni del cambio stagione da sistemare negli armadi, la lavatrice da far andare, la musica a tenermi compagnia, le cose da buttare e quelle da tenere.
Ho finito piuttosto in fretta, il tempo di lavare i riccioli, vestirmi e andare a pranzo fuori.
Un ristorante rustico, di carne, con ragazzi sorridenti tra i tavoli e nelle cucine. 
Un sole già caldo, reso appena più sopportabile dal vento che sempre ci accompagna in queste zone.
E poi chilometri da percorrere al pomeriggio, proprio sotto quel sole cocente, centinaia di persone nelle strade e sulle spiagge, i chioschi aperti, l'odore di mare e di pesce fritto lì a due passi.
Una giornata piena ma bella, con le prime maniche corte, l'odore della crema solare sulla pelle, l'abbondanza di tutti quei corpi bianchi seminudi a ricoprir la sabbia.
Ed erano tutti così giovani, che mi son detta, dove sono gli altri? dove si sono rintonati gli adulti, i vecchi, i bambini? hanno tutti vent'anni oggi qui. 
Tutti tranne me che ne ho quasi il doppio. 
E dovrei stracciarmi le vesti nel sapere che fra pochi mesi, proprio al centro dell'estate, saranno quaranta le primavere a pesar sulla mia testa. 
Tuttavia mi sembra che non ci sia nulla da stracciare. Non c'è niente di meglio che aver visto più volte la primavera, averne annusato i profumi, assaporato i frutti, raccolto i fiori.